lunedì 25 aprile 2022

FARMACI RADIOATTIVI MIRATI (RADIOFARMACI) ALIMENTANO SPERANZE PER LA CURA DEL CANCRO (First Part of Two)


 Il cancro rappresenta la seconda causa di morte nel mondo, e secondo l’OMS nel 2020 1 decesso su 6 era causato da patologie oncologiche. Attualmente non è ancora disponibile una cura risolutiva per cui tutti gli sforzi sono all’unisono indirizzati nello sfatare questo indesiderato dato di fatto. Ho scritto, qualche tempo fa, un post sull’argomento qui: https://ilgeneegoista.blogspot.com/2021/08/cancrocome-resisti-e-perche.html riportato anche sul gruppo privato di FB: https://www.facebook.com/groups/878179696471899/posts/878839213072614/

Ad attirare l’attenzione, ultimamente, è un particolare tipo di trattamento oncologico, basato sull’impiego di radio-farmaci anche definiti radio-coniugati. Questi farmaci sono “costruiti” attorno ad un isotopo radioattivo che può essere somministrato in sicurezza dopo essere stato unito ad una molecola “vettrice” in grado di targhetizzare il bersaglio. Un tipico target è rappresentato ad esempio, dalle proteine sovra-espresse (proteine presenti sia nelle cellule sane, sia in quelle tumorali, ma in questo caso in abbondanza) da parte di alcune cellule tumorali e la cui inibizione porta a morte queste ultime senza danneggiare quelle sane. Detta così suonerebbe anche abbastanza semplice, se non fosse che, purtroppo, per motivi sui quali per ora, e sottolineo “per ora” preferisco sorvolare, il link tra patologie oncologiche e media, negli anni, è andato via via deteriorandosi, sulla scia di comunicazioni distorte, superficiali, inesatte ed a volte anche un po’ sfacciate.

E così anche il concetto di target, appare sempre più come scontato, se non fosse che non basta una semplice dichiarazione per dire “…ecco, quello è un target!”. Certo, le scienze biomediche, indagando sulla caratterizzazione dei vari tumori, sui rispettivi fattori di crescita, possono arrivare ad ipotizzare un eventuale target. Ma dopo, quest’ultimo deve essere validato per dimostrare inequivocabilmente che senza quella certa proteina, il tumore cessa di accrescersi sino a “morire”. Il resto è solo noia.


Ma come si arriva a progettare un radio-farmaco o radio-coniugato? Premesso che il suo sviluppo non è esente da ostacoli dal momento che deve essere accuratamente programmato per colpire il tumore, che il tipo di radioisotopo deve essere scelto con cura e che occorre risolvere tutti i problemi correlati alla fornitura dei componenti radioattivi, se volessimo seguire lo schema tanto caro ai tutorial “fai da te” su YouTube, avremmo bisogno, nell’ordine, di un isotopo radioattivo, un agente chelante, un linker e una molecola bersaglio scelta in modo tale che si leghi in modo specifico a un antigene altamente espresso nelle cellule tumorali.


Per buttarla tra il serio ed il faceto, da tempo, esistono molti modi per contrastare il cancro, ma molti di questi possono anche causare non pochi problemi ai pazienti. A questo proposito, le parole di Chris Orvig, Professore di Chimica e Scienze Farmaceutiche presso l'Università della British Columbia che si occupa di chimica radio-farmaceutica, suonano piuttosto illuminanti: “La chemioterapia è un metodo piuttosto brutale per trattare i tumori e questo perché la chemioterapia non discrimina: uccide sia le cellule sane che quelle cancerose. In pratica si procede “avvelenando” il paziente nel suo complesso, consci del fatto che il cancro sia un po' più suscettibile. Ergo, quest’ultimo, subisce maggior danni”.

Anche le radiazioni rappresentano un trattamento antitumorale, capace di “uccidere” le cellule danneggiando il loro DNA. Un tipo comunemente impiegato è la radioterapia a fasci esterni con cui ci si pone l’obiettivo di convogliare, grazie ad un acceleratore lineare, raggi X ad alta energia su un'area specifica di un paziente. Insomma, un trattamento certamente più mirato rispetto alla chemioterapia, ma pur sempre in grado anch’esso di danneggiare le cellule sane.

E, negli ultimi anni, si è assistito allo studio ed allo sviluppo (nel 2019 la FDA ne ha approvati 3) degli ACDs anche noti come Antibody Drug Conjugates. (https://cen.acs.org/pharmaceuticals/drug-development/new-drugs-2019/98/i3).

Sono una classe particolare di farmaci biologici altamente mirati che combinano anticorpi monoclonali specifici per antigeni di superficie presenti su particolari cellule tumorali con agenti anticancro altamente potenti collegati tramite un linker chimico.

Sempre seguendo il principio tanto caro ai tutorial “fai da te” di YouTube, e per rendere più fruibile e leggero un argomento piuttosto tecnologico, gli “ingredienti” da utilizzare per un buon ACD dovrebbero essere: 1) Un mAb o anticorpo monoclonale altamente selettivo per un antigene associato al tumore e che al contrario, presenti un'espressione limitata o assente sulle cellule sane. 2) Un potente agente citotossico progettato, dopo essere stato rilasciato ed interiorizzato nella cellula tumorale, per portare a morte le cellule bersaglio. 3) Un linker stabilmente in circolazione, in grado di rilasciare l'agente citotossico nelle cellule bersaglio.

Purtroppo, sempre per i motivi ricordati qui: https://ilgeneegoista.blogspot.com/2021/08/cancrocome-resisti-e-perche.htm, come per molti altri trattamenti oncologici, le cellule tumorali possono acquisire resistenza anche nei confronti degli ACDs, rendendoli così  un po' meno efficaci.


Ma torniamo all’oggetto di questo primo post di due, ossia i radio-farmaci o radio-coniugati. L’approccio impiegato dalle aziende farmaceutiche è molto simile a quello impiegato per lo sviluppo degli ACDs, con la differenza che in luogo di un potente agente citotossico viene utilizzato un isotopo in grado di “uccidere” il cancro.

Un primo vantaggio di questa innovativa proposta terapeutica è data dal fatto che a differenza della radioterapia a fasci esterni, i radio-coniugati possono convogliare radiazioni a più tumori contemporaneamente. Un ulteriore vantaggio dei radio-farmaci è che il meccanismo d'azione è, tutto sommato, relativamente semplice. Su questo punto, quanto dichiarato da Alonso Ricardo chief scientific officer presso il Curie Therapeutics, è certamente rassicurante: "Stiamo parlando di qualcosa in grado di entrare nella cellula malata per distruggerne il DNA”.


A differenza degli ACDs, i radio-coniugati non devono porre un limite ad un determinato percorso biologico chiave o inibire alcuni meccanismi, per cui è abbastanza improbabile che le cellule dell’organismo trattato generino una soluzione biologica in grado di evitare il danno radioattivo. Le aziende che stanno studiando i radio-coniugati generalmente prendono in esame due tipi di isotopi: gli “emettitori” α (in grado di emettere particelle Alfa) e gli “emettitori” β (in grado di emettere particelle Beta). Come vedremo in un prossimo post, riscontreremo, per entrambi, sia vantaggi che svantaggi…as simple as this. ;-)


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