sabato 31 luglio 2021

IL DR R W MALONE E’VERAMENTE L’ “INVENTORE” DEI VACCINI A mRNA”?



Scrivo questo post, non tanto a beneficio dei più incalliti sostenitori no-vax ( che quasi certamente lo ignoreranno e/o cestineranno ), quanto per tutti coloro curiosi delle conquiste nel campo delle Scienze Biomediche o scettici con ragionevole buon senso anzicheno’ circa un vaccino per il quale PARE non ci siano molte evidenze in letteratura, ma impossibilitati, per mancanza di tempo ad esempio, ad approfondire o verificare determinati argomenti e disposti a leggere un contributo in più’, per quanto assai modesto, ma verificabile attraverso un numero tutto sommato “decente” di fonti a riferimento. Confesso, per mia ignoranza, che prima di imbattermi nelle due fotografie che accompagnano il post, non mi ero mai posto il problema a chi, la comunità scientifica avesse riconosciuto tale paternità, principalmente per due motivi:
il Primo perché, sinceramente trattasi di un argomento non propriamente scientifico, il Secondo perché il nome sia del Dr. R.W.Malone che della Dr.ssa Katalin Karikò, mi erano totalmente sconosciuti (e su questo, nulla di strano).
Ma mentre la Dr.ssa Karikò ed il suo collaboratore Drew Weissman, pur mantenendo un profilo che definire basso è riduttivo, vengono accreditati da terzi (vedasi articolo del NYT e da citazioni bibliografiche del mondo accademico), il Dr Malone assurge agli onori della cronaca, nel momento in cui egli stesso (sì, avete letto bene, egli stesso) si auto proclama come il “padre” dei vaccini ad mRNA, e lo fa oltre che attraverso interviste televisive (i cui canali ognuno ha la possibilità di andarsi a vedere quali siano), sopratutto con un sito web personale di cui allego il link: https://www.rwmalonemd.com. Un sito, peraltro, curato per molte sezioni, dalla moglie Jill Glasspool Malone Phd, specialista nella gestione di progetti preclinici, regolatori e clinici, con competenze speciali in questioni di politica pubblica e normative federali, co-fondatrice di una serie di aziende biotecnologiche dopo aver ricoperto incarichi nel settore delle biotecnologie e nel mondo accademico e, guarda caso, Presidente presso RW Malone MD, LLC. (Chi ha orecchie per intendere, intenda).
Questa situazione, definiamola ambigua e sotto certi versi anche divertente, mi ha spinto a compiere qualche analisi e questi che seguono sono i risultati.
Incominciamo con il dire che una rapida ricerca su PubMed ( questo il link, se qualcuno volesse controllare, https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov ) digitando nel campo il nominativo Malone R W, mi ha restituito un totale di 54 pubblicazioni; di queste, una è del 1954, per cui trattasi chiaramente di omonimia, alcuni di “doppioni” mentre quelli dell’84/85 sono antecedenti il suo Dottorato, per cui rimangono poco meno di 50 pubblicazioni dal 1989 ad oggi. Un numero quindi non certo esaltante, se consideriamo che ad esempio, il Proff. Guido Silvestri dell’Università di Atlanta ed in Italia non particolarmente “famoso” ma considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale sullo studio dell’HIV, ha indicizzato circa 255 pubblicazioni a partire dal 2002. Ma andiamo oltre e ritorniamo al sito personale. Qui, in una sezione, tra l’altro scritta dalla moglie, si legge: “Storia di come i vaccini a mRNA sono stati scoperti” in cui, oltre a ribadire la paternità della scoperta, si adduce come prima prova, la pubblicazione dell’Agosto 1989 dal titolo “Cationic liposome-mediated RNA transfection” by R W Malone, P L Felgner, and I M Verma e di cui, come sempre, allego il link: https://www.rwmalonemd.com/mrna-vaccine-inventor , ed in cui, il Dr Malone è Principal Investigator, ossia Autore Principale.
A questo punto allora, per curiosità, ho scaricato l’intero studio (per chi vuole può fare altrettanto qui: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/.../pdf/pnas00283-0074.pdf ) e me lo sono letto. Prima però di riassumerlo (per chi si fida) e di trarne qualche conclusione, mi concedo una domanda curiosa e provocatoria allo stesso tempo: ma come!? I detrattori dei vaccini, i no vax o più semplicemente gli scettici, che lamentano la mancanza di tempo e studi per una tecnica come quella dei vaccini ad mRNA e poi citano a supporto il Dr R.Malone, che pubblica qualche cosa, poi vedremo cosa, nel 1989 (oltre trent’anni fa), che problemi di coerenza hanno? 😉
Detto questo, riassumo quanto si legge nello studio. In pratica si descrive una TECNICA che sarà poi utilizzata anche ben dopo il 1989, ovviamente in campo medico ma anche, in tono più sfumato in dermo-cosmesi., ossia la TRASFEZIONE MEDIANTE LIPOSOMI. Questa tecnica non è altro che il processo con cui si fa entrare una molecola di RNA / DNA ( ma potrebbe essere anche la molecola di un medicinale) all’interno delle cellule di un organismo, incapsulandole all’interno dei liposomi. I liposomi, essendo fosfolipidi ( più semplicemente particelle di grassi ) con composizione uguale a quella delle membrane cellulari, riescono a fondersi con esse, rilasciando all’interno della cellula bersaglio, il loro contenuto. Semplicemente i liposomi possono essere considerati dei vettori, dei trasportatori ( in questo caso di RNA ).
Purtroppo, in tutto lo studio, la parola vaccino/vaccini non compare mai e questo perché l’end point (scopo) della pubblicazione è l’esplicazione di come trasferire materiale genetico all’interno di una cellula.
Da qui a rivendicare la paternità del vaccino ad mRNA ce ne corre, IMHO. Al massimo si potrebbe affermare che chi elaborò il vaccino ad mRNA, utilizzò questa tecnica per trasferirlo.
Ma andiamo oltre ed analizziamo un secondo lavoro del 1990 che viene citato sul sito del Dr Malone e che ritroviamo anche nella ricerca su PubMed: “Direct gene transfer into mouse muscle in vivo” di Jon A. Wolff, Robert W. Malone, Phillip Williams, Wang Chong, Gyula Acsadi, Agnes Jani, Philip L. Felgner ( https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1690918/ ).
Come si legge, in questo caso, l’Autore Principale è il Dr Wolff, mentre il Dr Malone ne è co-autore con altri.
In questo studio invece, nelle righe finali, compare il termine vaccini e si può leggere: “l’espressione intracellulare di geni che codificano per antigeni, possono rappresentare un approccio alternativo allo sviluppo di vaccini” ossia, questa TECNICA potrebbe essere utilizzata per sviluppare in futuro, dall’ideazione al trasporto di nuovi vaccini.
A questo punto dell’analisi, a me pare evidente che la “parola chiave” riferibile al Dr. Malone RW, sia “TECNICA con cui…” piuttosto che non “ELABORAZIONE/INVENZIONE DEL VACCINO AD mRNA con cui…” Pertanto, in una “battuta” per essere estremamente benevolo, il Dr Malone starebbe all’invenzione dei vaccini ad mRNA, tanto quanto il The Welding Institute che ha brevettato la saldatura a frizione, starebbe all’invenzione del modulo interstage del razzo Delta ( perché è stata utilizzata tale particolare saldatura per realizzarlo ).
Ma attenzione! Approfondiamo ulteriormente anche questa benevola quanto “innocente” similitudine.
Ricordate quella che ho definito come prova prima citata anche sul sito personale del Dr Malone, e che ho riassunto all’inizio del mio post? ( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/.../pdf/pnas00283-0074.pdf ) E’ uno studio dell’Agosto 1989 che riporta come prima firma o Autore principale il Dr. R Malone e come co-autore il Dr. P Felgner. Esattamente lo stesso Dr P Felgner, che sempre PuMed mi indica come prima firma o Autore Principale dello studio per lo sviluppo della stessa tecnica citata dal Dr Malone pubblicato su Nature ben 8 mesi prima, ossia a Gennaio 1989. Potete controllare studio e data qui .... ( https://www.nature.com/articles/337387a0 ) A conti fatti, quello che verosimilmente “potrebbe essere” accaduto è che il Dr. Felgner abbia di fatto concepito e realizzato la TECNICA, mentre il Dr. Malone abbia in seguito utilizzato tale tecnica per trasferire materiale genetico (RNA).
Cosa questa, ad onor del vero non solo logica ma anche corretta, ma che non conferisce alcun tipo di “paternità”.
Faccio presente che già nel 1992, si può leggere in letteratura questo studio dal titolo: “Induction of antiviral immune responses by immunization with recombinant DNA encoded avian coronavirus nucleocapsid protein” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/.../PMC7131429/pdf/main.pdf), NON a firma del Dr Malone, ma che descrive le strategie per l’impiego di materiale genetico, al fine di creare vaccini, ADDIRITTURA GIÀ contro il Coronavirus. Ed eravamo solo nel 1992!!!

venerdì 30 luglio 2021

FAUCI E CARICA VIRALE: COSA HA DETTO REALMENTE









Ennesimo esempio di disinformazione, tanto  cara ai no vax.( sarebbe quasi ora di piantarla li perché sta diventando davvero stucchevole leggere A per poi vederlo trasformato in B su alcuni giornali e con il beneplacito dei numerosi “sfogatoi” Social ). Ma si sa, quando non esistono argomenti a supporto, l’unica alternativa è inventarli. Ovviamente, manipolando ad arte alcune dichiarazioni estrapolandole dal contesto generale del discorso, si ottiene come risultato quello di travisarne completamente il senso, al solo fine speculativo di “insinuare il dubbio” e fomentare l’ondata mediatica dei seguaci del “ ma lo ha detto Fauci, vaccinarsi non serve a niente perché chi è vaccinato contagia tanto quanto chi non lo è “ ed altre bislacche affermazioni.



Fortunatamente il virgolettato che viene attribuito a Fauci sulla carica virale dei vaccinati e non vaccinati è del tutto sbagliato, non è il messaggio lanciato dal CDC e soprattutto non rappresenta ciò che avviene, nella stragrande maggioranza dei casi ( argomento questo che potrà essere trattato in altro post a conferma anche di ciò che sta accadendo realmente sino ad oggi in Israele, altro argomento tanto caro ai no vax o chi si accontenta del “sentito dire”, “letto da qualche parte” ecc ). Sufficiente, a tal proposito, prendere in esame la versione originale della sua intervista, che trovate anche su The Independent:


https://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-politics/fauci-cdc-mask-flip-flop-b1892600.html


[“Quando le persone contraggono breakthrough infections ( infezione intercorrente con la vaccinazione ) ossia quando vengono vaccinate e vengono infettate, anche quando hanno una situazione in cui non hanno una malattia sintomatica, potrebbero anche trasmetterlo ad altre persone. Questo non è un evento comune. Quindi non voglio che la gente pensi che tutti i tipi di persone vaccinate lo stiano trasmettendo. No, è un evento molto insolito e raro, ma si verifica“.]


Insomma, i vaccinati possono infettare, pur non essendo attaccati dal virus in modo aggressivo ma quel “potrebbero anche trasmetterlo ad altre persone” e, soprattutto “è un evento insolito e raro” esprimono molto chiaramente il concetto senza con questo asserire che abbiano la medesima carica virale dei non vaccinati.


mercoledì 28 luglio 2021

VACCINI E FARMACI UN TEAM VINCENTE CONTRO IL COVID-19 ( ma attenzione a non dar vita ad inutili “tifoserie”).

 


Che anche per questo dualismo si siano scatenate opposte tifoserie, figlie di inutile pregiudizi che hanno disorientato non poco sia l’opinione pubblica, ma quel che è peggio, anche la stessa comunità scientifica è fuor di dubbio. Il risultato è stato disarmante ossia una ingiustificata antitesi tra farmaci e vaccini con da una parte della barricata i “partigiani” dei vaccini per i quali i protocolli di cura farmacologici sono totalmente inutili e dall’altra parte della medesima barricata i “partigiani” del farmaco che reputano eccessivo se non inutile la strategia clinica della vaccinazione di massa. 

Questa intervista potrebbe, ovviamente con la consueta umiltà e trasparenza, contribuire a smorzare i toni evidenziando non una contrapposizione ma una mutualità e convergenza. 


                                                             *** *** ***


[...”E’ corretto o sbagliato parlare di una contrapposizione farmaci-vaccini come arma antiCovid-19? C’è una categoria che potrebbe uscire vincente da questo confronto?”


“... L’idea di una contrapposizione vaccini-farmaci nasce probabilmente nel momento in cui da una parte si faceva troppo affidamento sui farmaci, e dall’altra si pretendeva invece che i farmaci, al contrario dei vaccini, avessero scarsissima o nulla efficacia contro COVID-19 tanto da snobbarli.  Posizioni fideistiche e radicali sulle quali il Ministero avrebbe potuto fare da arbitro super partes e pro-veritate. Invece, non è sconveniente farlo notare, si è avuta la sensazione che le agenzie regolatorie e il Ministero competente abbiano in qualche modo fatto lievitare questa contrapposizione (uno su tutti il caso Anticorpi monoclonali [1]), mantenendosi sordi ai tanti medici e soggetti competenti, autorevoli e affidabili (tra cui l’inascoltato neo-Presidente AIFA Palù) che ripetutamente chiedevano un confronto per implementare le famose linee guida domiciliari. L’opinione pubblica, gruppi di medici e testate giornalistiche, come sappiamo, non hanno gradito questo atteggiamento di indisponibilità e si sono mobilitata polarizzandosi a favore dei farmaci. E così è partita la “guerra” farmaci vs vaccini...”


“...Una metafora sportiva molto calzante è la staffetta dove diversi atleti passandosi alternativamente  il testimone concorrono per una medesima finalità: vincere. Questa sì è una metafora che funziona. Farmaci e vaccini non contrapposti, ma funzionali a perseguire uno stesso obiettivo: controllare, prevenire e sconfiggere SARS-CoV-2 al pari di quanto è accaduto con altre malattie. E anche se nel caso di COVID-19 sono i vaccini a fare la differenza, non bisogna dimenticare che è stata la ricerca sui farmaci a promuovere lo sviluppo di quelle tecnologie che oggi hanno consentito di realizzare e produrre su scala industriale i vaccini a RNA o DNA. I farmaci poi, dagli antinfiammatori agli anticorpi monoclonali  hanno consentito, ormai innegabilmente, di traghettarci attraverso le acque della pandemia limitando sempre di più i danni.

D’altro canto, se oggi abbiamo più tempo, risorse e soprattutto tranquillità per cercare di sviluppare anche nuovi farmaci anti SARS-CoV-2 e più in generale antivirali, lo dobbiamo alla efficace copertura dei vaccini che ci stanno liberando un po’ alla volta da uno stato di emergenza. Cioè a dire che senza gli uni, gli altri non vanno avanti. Il senso pieno del rapporto tra farmaci e vaccini è quindi quello della mutualità e della convergenza...”


“...Cerchiamo allora di capire i pros e cons di vaccini e farmaci e chiarire se vi siano le ragioni per una contrapposizione.  


VACCINI


PRO: i vaccini di ultima generazione rappresentano innegabilmente - per loro natura e dimostrata efficacia [2] - le armi definitive contro il virus. Punto! 


CON: per essere efficaci debbono raggiungere percentuali molto alte di copertura di tutta la popolazione a rischio contagio, cioè a dire miliardi di individui. L’impossibilità di conseguire questo risultato in modo sincrono rappresenta un punto di oggettiva fragilità. Si veda a questo proposito il caso dei Paesi poveri, ma anche di Paesi dell’Asia, Cina in testa, che non hanno puntato sulla vaccinazione ma piuttosto sulle misure di contenimento ed oggi si trovano nella pericolosa condizione dei naive. E che dire del criminale sabotaggio perpetrato dai movimenti no-vax che continuano a diffondere paura, dubbi e sfiducia erodendo l’adesione volontaria alla vaccinazione, col rischio di pregiudicare il traguardo dell’immunità di gregge? 


FARMACI


PRO: i farmaci sono efficaci per la gestione dei sintomi della malattia, evitando spesso l’evoluzione verso le forme più severe. Inoltre rappresentano un intervento “ad personam”, cioè non debbono essere somministrati a percentuali di popolazione tali da raggiungere l’immunità di gregge, ma solo a chi si ammala e pertanto rappresentano uno strumento più agile e potenzialmente molto più economico. Questo aspetto positivo potrà essere pienamente raggiunto una volta che avremo sviluppato farmaci specifici anti- SARS-CoV-2, la cui disponibilità su vasta scala potrebbe in futuro portare alla “mitigazione” del virus, così come avvenuto coi farmaci anti-HIV. Infine i farmaci trovano l’impiego ideale per gestire le condizioni in cui la vaccinazione non è ancora pienamente operativa. 


CON: i farmaci, attualmente, rappresentano un presidio efficace solo nel gestire i sintomi e ridurre l’impatto della malattia in chi la contrae. Infatti, non avendo agenti antivirali efficaci e specifici contro SARS-CoV-2, il pieno potenziale dei farmaci è ancora inespresso. Inoltre non c’è ancora consenso sul corretto impiego dei farmaci nei malati di COVID-19 (le famose linee-guida) e i vari Paesi procedono in modo disordinato. Purtroppo l’efficacia dei farmaci è stata artatamente sopravvalutata da alcune parti che volevano sminuire il rischio di COVID-19 e screditare le misure di contenimento adottate...”].


[...”Nel caso del protocollo farmacologico, qual’è il primo Step?

“...La classificazione dei sintomi, elemento fondamentale per conoscere l’evoluzione della malattia, rispetto alle due-tre famiglie di farmaci che si sono rivelati utili nelle cure precoci...”]


“Quali sono gli aspetti che devono essere monitorizzati?”

“... Lo stato febbrile, e la sua durata, insieme agli altri sintomi tipici delle malattie da raffreddamento. E poi la compromissione polmonare che è il vero campanello di allarme da misurare non solo mediante il saturimetro. 

L’esordio della malattia non va trattato con la tachipirina, che ha unicamente proprietà antipiretiche e analgesiche, ma con antinfiammatori non stereoidei come l’acido acetilsalicilico o l’ibuprofene, più incisivi...”]


[ “Oltre a questi farmaci...?”

“...In presenza di condizioni di rischio, età superiore ai 60 anni o di mobilità ridotta, il curante può decidere di somministrare anche l’eparina. l’idrossiclorochina no, dato che l’Aifa la sconsiglia sia come prevenzione sia come cura...”]


“La terza fase coinvolge i problemi respiratori: come trattarli?”

“... Siccome la ‘fame d’aria’ porta facilmente al ricovero, anche in tempi rapidissimi, è necessario superare le riserve che circondano i cortisonici. Vale la pena anticiparli nel setting domiciliare per evitare se possibile, il ricovero. E quando ci sono delle evidenze di sovrainfezioni polmonari bisogna intervenire con antibiotici battericidi come i fluorochinoloni o le cefalosporine. Diciamo no invece alla azitromicina dal giorno zero perché nonostante una certa capacità antinfiammatoria, che se si utilizzano i Fans non serve più, è sempre un antibiotico e come tale non va somministrato in assenza di sovrainfezioni batteriche...”].


[...Una nota a parte meritano gli ANTICORPI MONOCLONALI (AMb) che:

come PRO hanno la spiccata attività antivirale diretta (“uccidono” il SARS-CoV-2) dando ottima prova di sé come farmaci eziologici [3], e     come CON sono gravati dall'impossibilità di impiegarli su vasta scala (a questo proposito sarà interessante seguire l’evoluzione degli anticorpi da somministrare per via inalatoria sotto forma di comodi spray [4]...]


[...Vaccini e farmaci, a ben vedere, vanno inquadrati in una logica integrata: dove non arrivano gli uni possono arrivare gli altri. Questa integrazione sarà sempre più proficua man mano che la ricerca andrà avanti, ci fornirà nuovi vaccini e nuovi farmaci,  e si ragionerà  senza pregiudizi, senza tifoserie...]


[...Insomma, la morale della favola è che la Scienza non procede a compartimenti stagni e non si accoda agli striscioni, ma avanza in modo armonico perché le conoscenze di una disciplina sono il concime per la crescita di tutte le altre, incluse le scienze umane, e viceversa...].


Referenze

1. Anticorpi monoclonali: il giallo del no di Aifa poi diventato si. Piazza Pulita del 12 febbraio 2021.https://www.la7.it/piazzapulita/video/anticorpi-monoclonali-il-giallo-del-no-di-aifa-poi-diventato-si-12-02-2021-364895

2. COVID-19 vaccine efficacy summary. Institute for Health Metrics and Evaluation http://www.healthdata.org/covid/covid-19-vaccine-efficacy-summary

3. Early Experience With Neutralizing Monoclonal Antibody Therapy For COVID-19 Jarrett, M. et al. https://doi.org/10.1101/2021.04.09.21255219

4. Oral inhalation for delivery of proteins and peptides to the lungs. Eleonore Fröhlich e Sharareh Salar-Behzadi https://doi.org/10.1016/j.ejpb.2021.04.003

5. Singh TU, Parida S, Lingaraju MC, Kesavan M, Kumar D, Singh RK. Drug repurposing approach to fight COVID-19. Pharmacol Rep. 2020;72(6):1479-1508. https://doi.org/10.1007/s43440-020-00155-6

6. Scienziati, no ai fondi pubblici per l'agricoltura biodinamica. Redazione ANSA. https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/ricerca_istituzioni/2021/05/20/scienziati-no-ai-fondi-pubblici-per-lagricoltura-biodinamica-_7bf2cd58-78da-482f-a84f-6f2a543ecd31.html


Intervista a Piero Sestili by Team PDO

Professore Associato (S.D. BIO/14, Farmacologia) presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari dell'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

giovedì 22 luglio 2021

LA LITANIA INFONDATA CHE IL VACCINO CAUSI MUTAZIONI E VARIANTI NONCHÉ RESISTENZE AL VIRUS.

 


Ecco un altro contributo di ciò che sino ad ora si è stati in grado di appurare davvero, studiando il Sars Cov 2 dal punto di vista genetico, strutturale, funzionale, clinico ed epidemiologico, con a supporto la solita ricca e consultabile bibliografia.


“Low genetic diversity may be an Achilles heel of SARS-CoV-2”

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Jason W. Rausch,

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Adam A. Capoferri,

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Mary Grace Katusiime, Sean C. Patro, and Mary F. Kearney


See all authors and affiliations

PNAS October 6, 2020 117 (40) 24614-24616; first published September 21, 2020; https://doi.org/10.1073/pnas.2017726117


“Perché si può affermare che il virus muta sostanzialmente poco, e lo fa in modo del tutto casuale?


Perché Il genoma di SARS-CoV-2 è costituito da una serie di mattoncini, i nucleotidi, che sono in numero di circa 30.000. Un genoma piuttosto grande che, nonostante la capacità “riparativa” della polimerasi, non sopporta di accumulare un numero eccessivo di mutazioni, perché questo ne ridurrebbe la capacità di sopravvivenza. Si stima che per questo virus, considerando un tasso mutazionale che va da 1,2 ogni 10.000 nucleotidi/anno a 6,6 ogni 1.000 nucleotidi/anno, ci si devono aspettare mediamente circa 2 mutazioni ogni mese (ma,non tutte obbligatoriamente vengono conservate).


Le mutazioni che si sono generate in SARS-CoV-2 dall’inizio della pandemia ( ben PRIMA dell’utilizzo dei vaccini ),hanno determinato via via la circolazione di VARIANTI che progressivamente hanno sostituito le precedenti e hanno mostrato una maggiore capacità diffusiva (si trasmettono meglio da individuo a individuo), ma non sembrano dotate di maggiore aggressività (capacità di causare una malattia più grave).


Dal punto di vista clinico invece c'è poco da aggiungere al momento, visto che in UK la crescita dei casi è quotidianamente in salita (quasi 54.000 casi solo un paio di giorni or sono), mentre a tale incremento NON  corrisponde, per ora, una crescita “preoccupante”delle ospedalizzazioni e dei decessi con una curva quasi piatta. 

A testimonianza il link con i dati:

https://coronavirus.data.gov.uk/details/cases


Oltretutto a leggere numerosi report, sembrerebbe che anche in Olanda si confermerebbe la situazione che ritroviamo ad oggi in UK. 


Da un estratto a commento del Proff. Aldo Manzin,  Professore Ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica, settore concorsuale 06/A3, SSD MED07, presso l’Università di Cagliari, (UniCA) Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Scienze Biomediche

Responsabile del Laboratorio di Microbiologia applicata, Presidio “D. Casula”, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari.


Bibliografia 


1 1. B. Dearlove et al., A SARS-CoV-2 vaccine candidate would likely match all currently circulating variants. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 117, 23652–23662 (2020).Abstract/FREE Full TextGoogle Scholar


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1 3. E. Minskaia et al., Discovery of an RNA virus 3′->5′ exoribonuclease that is critically involved in coronavirus RNA synthesis. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 103, 5108–5113 (2006).Abstract/FREE Full TextGoogle Scholar


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www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.2017726117


 

mercoledì 21 luglio 2021

SARS COV 2...DA DOVE VIENI?

 


Ecco la traduzione integrale dell’articolo divulgativo apparso sul NYT in data 25/6 

sull’origine del Sars Cov 2 di cui link allegato:


https://www.google.com/amp/s/www.nytimes.com/2021/06/25/opinion/coronavirus-lab.amp.html


                                                          TRADUZIONE 


[...Da dove viene il coronavirus? I dubbi legati a quello che per ora sappiamo

La pandemia di influenza H1N1 del 1977-78 che emerse dal nord-est dell'Asia e uccise circa 700.000 persone in tutto il mondo, aveva caratteristiche curiose tra cui il fatto che colpì quasi esclusivamente persone intorno ai 20 anni o anche più giovani. Gli scienziati dell’epoca scoprirono poi un'altra particolarità che avrebbe potuto spiegare questa caratteristica: il virus H1N1 era praticamente identico a un ceppo che circolava negli anni '50, e le persone nate prima di quell’anno avevano un'immunità che le proteggeva, mentre i più giovani no. Ma come era possibile che il virus in questione fosse rimasto così stabile geneticamente, dato che i virus mutano continuamente? Gli scienziati ipotizzarono che fosse stato congelato/conservato in laboratorio. Infatti questo virus fu poi scoperto essere sensibile alle alte temperature,una caratteristica tipica dei virus utilizzati nella ricerca sui vaccini { ma non presente in quelli selvatici).

Ma fu solo nel 2004 che un eminente virologo, Peter Palese, scrisse che Chi-Ming Chu, un rispettato virologo ed ex membro dell'Accademia Cinese delle Scienze, gli aveva detto che "la diffusione del virus H1N1 del 1977" era effettivamente dovuta a trials vaccinali in cui “a diverse migliaia di reclute militari era stato somministrato un vaccino contenente il virus H1N1 vivo".

Per la prima volta, era stata la scienza stessa che nel tentativo di prepararsi ad affrontare un’eventuale pandemia sembrava averne causata una. Ora, per la seconda volta in 50 anni, ci si interroga sulla possibilità di avere a che fare con una pandemia causata dalla ricerca scientifica.

Anche se l'ostruzione del governo cinese potrà impedirci di sapere con certezza se il virus, SARS-CoV-2, sia di origine “naturale” o sia uscito da un laboratorio di Wuhan e se sia stata coinvolta la sperimentazione genetica, quello che abbiamo saputo finora ha fatto nascere sospetti e preoccupazioni.

Nonostante anni di ricerca sui rischi dei coronavirus e una ampia storia di incidenti di laboratorio ed errori avvenuti in tutto il mondo abbiano fornito agli scienziati moltissime ragioni per procedere con estrema cautela  nello studio di questa classe di agenti patogeni, le misure di sicurezza utilizzate non sono mai state all’altezza del pericolo che si stava vivendo. E peggio ancora, il successo dei ricercatori nello scoprire nuove minacce non si è poi tradotto in una migliore preparazione nell’affrontarle.

Anche nel caso che il coronavirus fosse passato dall'animale all'uomo senza il coinvolgimento diretto di attività di ricerca, le basi per un potenziale disastro erano evidenti da anni. È quindi di essenziale importanza imparare da questi errori  per prevenire che in futuro si ripetano altre situazioni del genere.

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Prima dell'epidemia di SARS, i coronavirus, erano considerati abbastanza benigni, causando solo leggeri raffreddori.  Anche nel novembre 2002, cinque mesi dopo che la SARS era emersa nella Cina meridionale e mentre la malattia si diffondeva in altri paesi, il governo cinese non fu affatto trasparente riguardo ai dettagli sulla sua reale pericolosità. La diffusione di questo virus fu contenuta solo nell'estate del 2003, ma non prima di aver infettato più di 8.000 persone e di averne uccise 774.

Le autorità sanitarie dell'epoca furono in grado di sopprimere la diffusione della SARS principalmente perché le persone infette contagiavano solo quando sintomatiche, rendendo più facile identificare e isolare gli individui infetti. Ma il disastro fu comunque evitato di poco, e il fatto che il tasso di mortalità fosse di circa il 10% fece comunque scattare l'allarme:  per la comunità scientifica prevenire la prossima pandemia di coronavirus divenne una priorità.

Nel 2005, diversi ricercatori - tra cui Dr. Shi Zhengli, una virologa dell'Istituto di virologia di Wuhan - avevano identificato i pipistrelli “a ferro di cavallo” come il più probabile ospite animale primario da cui era emersa la SARS e negli anni successivi, questi scienziati concentrarono le loro ricerche sui coronavirus di pipistrello sia nel loro habitat naturale che in laboratorio.

Per molto tempo si era ritenuto che la SARS fosse stata trasmessa agli esseri umani dalla civetta delle palme mascherata (Paguma larvata) un piccolo mammifero talvolta venduto nei mercati di fauna selvatica; tuttavia già dal 2008, era cresciuto il sospetto che i coronavirus di pipistrello potessero infettare direttamente le cellule polmonari umane senza bisogno di un animale intermedio, sospetto confermato per la prima volta nel 2013 dagli esperimenti di laboratorio di Dr. Shi Zhengli.

 Nonostante tutto questo, diversi ricercatori hanno continuato a lavorare con pipistrelli, campioni di pipistrello e virus di pipistrello in condizioni igienico-sanitarie che fin da subito hanno destato molta preoccupazione.

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È nella natura dei virus mutare continuamente, o con eventi casuali che alterano, aggiungono e rimuovono parti del loro genoma o con eventi che favoriscono lo scambio di pezzi di codice genetico, fenomeno noto come ricombinazione. Questo continuo processo evolutivo consente l'emergere di nuove caratteristiche che possono permettere ai virus di infettare nuove specie.

Per riuscire a prevenire questi tipo di eventi, la ricerca scientifica ha cercato di anticiparli in laboratorio; in quella che a volte viene chiamata ricerca “sull’acquisto di funzione” o “gain-of-function”, i ricercatori manipolano geneticamente i virus [nel tentativo di anticipare il loro processo evolutivo naturale] per prevedere come possano evolversi e diventare più pericolosi.

In un articolo su Nature Medicine del 2015, ricercatori di due dei maggiori laboratori di virologia specializzati sui coronavirus al mondo il cui Dr. Shi Zhengli e Dr. Ralph Baric, professore dell'Università del North Carolina a Chapel Hill (UNC), pubblicarono di aver bio-ingegnerizzato un coronavirus. In questo studio realizzato nel laboratorio di Dr. Baric a UNC i ricercatori presero una proteina Spike, la famosa "chiave" che i coronavirus usano per entrare nelle cellule e infettarle, da un virus di pipistrello a ferro di cavallo e la inserirono in un virus umano della SARS adattato per crescere nei topi. Questo virus "chimerico" poteva infettare cellule umane, indicando la possibilità che alcuni virus di pipistrello potessero essere "capaci di infettare cellule umane senza necessità di mutazione o adattamento " in un altro animale. Questa fu dunque la seconda volta dagli esperimenti di Dr. Shi Zhengli del 2013 in cui si dimostrò scientificamente che un coronavirus di pipistrello simile alla SARS potesse  infettare direttamente le cellule delle vie aeree umane in laboratorio.

Questo tipo di manipolazione genetica aveva già sollevato non poche preoccupazioni, soprattutto dopo che alcuni laboratori nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti avevano annunciato nel 2011 di aver creato nuovi ceppi di virus influenzali utilizzando materiale genetico del virus Influenzale A (H5N1), noto per essere altamente letale ma non in grado di essere trasmesso da persona a persona. Questi nuovi ceppi potevano infatti diffondersi per via aerea tra i furetti, che hanno polmoni molto simili a quelli umani. Il clamore fu immediato.

A difesa dell'esperimento sul coronavirus del 2015 di Dr. Shi Zhengli e dei suoi colleghi si espresse Peter Daszak, la cui organizzazione, EcoHealth Alliance, aveva lavorato a stretto contatto con la scienziata cinese e aveva ricevuto decine di milioni di dollari nell'ultimo decennio dal governo degli Stati Uniti. Dr. Daszak disse che queste scoperte avrebbero permesso agli scienziati di focalizzarsi su un rischio reale e imminente "trasformando questo tipo di virus da potenzialmente a realmente patogeno e pericoloso”.

Altri esperti invece avevano espresso maggiore preoccupazione, come ad esempio Simon Wain-Hobson, un virologo dell'Istituto Pasteur di Parigi che dichiarò: "Se il virus sfuggisse, nessuno potrebbe prevederne le conseguenze".

E la storia recente ha fornito molte ragioni che giustificano questo tipo di preoccupazione.

Per esempio quasi tutti i casi di SARS emersi successivamente all'epidemia originale sono stati dovuti a fughe di laboratorio - sei incidenti conclamati in tre paesi, tra cui due episodi in un solo mese causati da un laboratorio di Pechino, in uno dei quali persino la madre di un ricercatore morì.

Ancora nel 2007, l'afta epizootica, una malattia che può devastare il bestiame e che nel 2001 causò’ una “outbreak” importante in Gran Bretagna, sfuggì da un laboratorio inglese BSL-4, il più alto livello di biosicurezza, a causa di una perdita da un tubo di drenaggio.

Perfino l'ultima morte di vaiolo accertata, avvenuta in Gran Bretagna nel 1978 fu dovuta a un incidente di laboratorio.

Nel 2012, nella prima indagine pubblicata sui sistemi di segnalazione nei laboratori americani che lavorano con agenti patogeni pericolosi, i Centers for Disease Control and Prevention (C.D.C.) riportarono 11 infezioni acquisite in laboratorio in sei anni, spesso in laboratori “BSL-3”,  il livello  di sicurezza riservato ad agenti patogeni come la tubercolosi. In ognuno di questi casi di infezione, l'esposizione all'agente patogeno non fu segnalata fino a quando i  ricercatori non si furono ammaliati.

Ancora, nel gennaio 2014 nei laboratori degli stessi C.D.C.  ci fu un episodio di contaminazione accidentale di un campione di virus influenzale benigno con il ceppo letale A (H5N1), ma nessuno si accorse del potenziale pericolo fino ad alcuni mesi dopo. E nel giugno 2014, ancora i CDC inviarono per errore a diversi laboratori batteri di antrace non propriamente disattivati, rischiando di esporre a questo patogeno almeno 62 dipendenti del CDC, che lavoravano con questi campioni senza gli indumenti protettivi adatti. Un mese dopo, fiale di virus del vaiolo vivo furono addirittura trovate in un magazzino del National Institutes of Health (NIH) americano.

Nell'ottobre 2014, dopo questa serie di incidenti “di alto profilo”, gli Stati Uniti misero in pausa il finanziamento di nuove ricerche “ gain-of-function”, con alcune eccezioni poi revocate nel 2017.

Ma domande molto più serie sugli standard di sicurezza scientifica sarebbero sorte di lì a poco.

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Il 30 dicembre 2019, una mailing list pubblica, gestita dalla Società Internazionale per le Malattie Infettive dichiarò che a Wuhan, in Cina, era apparsa una "polmonite inspiegabile" e inchieste successive collegarono questi primi casi al mercato del pesce di Huanan della città. Il 10 gennaio 2020, uno scienziato cinese pubblicò il genoma di un nuovo virus - presto chiamato SARS-CoV-2 - su un Server internet pubblico, confermando che si trattasse di un coronavirus. Fino al 19 gennaio 2020 il governo cinese  continuò a negare che il virus  potesse diffondersi tra gli esseri umani; ma tre giorni dopo, annunciò il  lockdown di Wuhan, una città di 11 milioni di persone.

Circa una settimana dopo l’inizio del lockdown, gli scienziati cinesi pubblicarono un articolo sulla rivista medica The Lancet che identificava i pipistrelli come probabile fonte del virus. Gli autori facevano però notare che l'epidemia era avvenuta durante il periodo di letargo dei pipistrelli locali e che "nessun pipistrello era stato venduto o trovato al mercato del pesce di Huanan", ipotizzando dunque che il virus potesse essere stato trasmesso all’uomo da un animale intermedio.

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Le epidemie possono esplodere anche molto lontano dalla loro luogo d’origine. Per esempio l'epidemia di SARS del 2002 iniziò nel Guangdong, a circa mille chilometri dalle grotte dello Yunnan, habitat dei pipistrelli a ferro di cavallo da cui si ritiene che il virus SARS si sia originato. Le civette mascherate delle palme” (Masked Palm Civet) - allevati e commercializzati in tutta la Cina in condizioni spesso anguste e malsane e per questo potenziale fonte di epidemie -  vennero citati come potenziale veicolo usato da SARS per viaggiare dallo Yunnan al Guangdong. E per lo stesso motivo anche nel caso di SARS-CoV-2 , si sospettò’ che il commercio di animali selvatici fosse stato la causa del contagio, dato che anche questo virus era stato rilevato per la prima volta in un mercato in cui venivano commercializzati animali selvatici vivi.

Gli utenti dei social media in Cina sono stati tra i primi ad essere scettici: perché la diffusione di una malattia derivata dai pipistrelli era iniziata proprio a Wuhan, sede del Wuhan Institute of Virology, una delle poche strutture di ricerca al mondo sui coronavirus di pipistrello, e del Wuhan Centers for Disease Control and Prevention,che svolge anch’esso ricerche sui pipistrelli, e che si trova a poche centinaia di metri dal mercato che si sospettava fosse l'origine dell'epidemia?

 Il 19 febbraio 2020, 27 eminenti scienziati pubblicarono una lettera aperta su The Lancet, dove condannavano " teorie complottiste che insinuano che il Covid-19 non abbia un'origine naturale".

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Ma considerando la sua origine, la questione cruciale non è tanto se SARS-CoV-2 possa essere sfuggito da un laboratorio - gli incidenti possono sempre accadere - ma piuttosto come sia arrivato fino al laboratorio, e come sia stato gestito al suo interno.

Poco dopo il lockdown di Wuhan nel gennaio 2020,  diventò evidente che SARS-CoV-2 era associato a un virus che gli scienziati conoscevano da anni.

Il 3 febbraio 2020, Dr. Shi Zhengli e i suoi collaboratori pubblicarono su Nature di aver trovato nel loro database dei documenti su un virus, RaTG13, precedentemente identificato nei pipistrelli a ferro di cavallo dello Yunnan, la cui sequenza genomica era identica al 96,2% a quella di SARS-CoV-2. A questo punto setacciando i database genomici alcuni utenti web particolarmente sospettosi scoprirono che RaTG13 corrispondeva esattamente  al coronavirus di pipistrello 4991 scoperto in una grotta nello Yunnan dove nel 2012 si era verificata un'inspiegabile epidemia di polmonite tra i minatori che raccoglievano guano di pipistrello da una miniera. In seguito a quell'incidente, tre dei sei minatori coinvolti morirono.

Nel maggio 2020, un ex insegnante di scienze Indiano, dallo pseudonimo Twitter “TheSeeker268”, trovò sul web sia una tesi di master pubblicata nel 2013, sia una tesi di dottorato del 2016, entrambe supervisionate da George Fu Gao, l'attuale direttore del Centro Cinese per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. La tesi di Master ipotizzava che la malattia dei minatori fosse stata causata dalla trasmissione diretta di un coronavirus simile alla SARS da parte di un pipistrello a ferro di cavallo. La tesi di dottorato era più cauta, ma definiva comunque l'epidemia ”significativa”. Lo studio rivela inoltre che un team dell'Istituto di Virologia di Wuhan aveva raccolto campioni di pipistrelli dalla grotta, e che quattro minatori testati presentavano anticorpi anti-SARS nel sangue poche settimane dopo essersi ammalati.

Nessuno di questi fatti cruciali, il cambio di nome, o il legame con il precedente focolaio tra i minatori generato anch’esso probabilmente da un coronavirus simile alla SARS, era stato menzionato nell’articolo originale su RaTG13. In un'intervista pubblicata nel marzo 2020, Dr. Shi Zhengli dichiarò che l'agente patogeno responsabile della morte dei minatori era stato un fungo, e non un coronavirus.

Ma la questione rimaneva aperta.

Lo scorso luglio, Dr. Shi Zhengli confermo’ poi che RaTG13 era effettivamente il 4991, ma con il nome cambiato, e nel novembre 2020, il suo articolo su Nature fu finalmente aggiornato, riconoscendo inoltre ciò che gli utenti web avevano scoperto: il suo team aveva sequenziato geneticamente RaTG13 nel 2018. (Il possibile legame tra coronavirus di pipistrello e le morti dei minatori invece non e’ ancora stato ammesso).

La divulgazione di informazioni molto limitata e non trasparente, un virus con due nomi, il possibile collegamento a un'epidemia mortale, malattie sospette e storie incoerenti, tutto questo ha contribuito ad alimentare molti sospetti.

Alcuni hanno infatti ipotizzato che il RaTG13 fosse stato sottoposto a una manipolazione di tipo “gain-of-function” già citata precedentemente, per creare il SARS-CoV-2. Tuttavia  RaTG13 assomiglia di più a un lontano cugino di SARS-CoV-2, il che significa che è improbabile che abbia prodotto SARS-CoV-2 come discendenza diretta, sia attraverso un'evoluzione recente (naturale), sia tramite una manipolazione in laboratorio.

Anche se il RaTG13 non ha avuto alcun ruolo nell'epidemia di Covid-19, sono state sollevate domande sul perché Dr. Shi Zhengli e i suoi collaboratori fossero così poco propensi a parlarne. 

Di lì a poco emersero altre domande. 

Per esempio, lo stesso gruppo di utenti web che aveva collegato RaTG13 all'incidente avvenuto nella miniera dello Yunnan  scoprì che nel settembre 2019 un database genomico mantenuto dall'Istituto di Virologia di Wuhan, con informazioni su migliaia di campioni di pipistrelli e almeno 500 coronavirus di pipistrelli era stato recentemente messo offline. La spiegazione ufficiale fornita, che il server era stato messo offline perché violato dalla pirateria informatica, non chiariva il perché’ le informazioni contenute nel database non fossero state rese accessibili alla comunità’ scientifica attraverso altri canali più’ sicuri.

Queste lacune hanno in effetti reso più difficile, se non impossibile escludere scenari preoccupanti.

Se ci fosse stato un  outbreak in laboratorio che avesse coinvolto SARS-CoV-2 o un virus simile raccolto in natura o soggetto a sperimentazione in laboratorio, mettere il database offline avrebbe reso più’ difficile collegare le  evidenze. Le autorità incaricate di indagare sul possibile outbreak di laboratorio avrebbero prematuramente pensato che non ci fosse stato nessun problema facendosi probabilmente sfuggire quell’individuo asintomatico che senza accorgersene avrebbe iniziato un effetto di trasmissione a catena che ha poi permesso al virus di circolare silenziosamente fino all’evento superspreader del Dicembre 2019.

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La segretezza e gli insabbiamenti hanno portato ad alcune teorie estremamente cospirazioniste, ad esempio, che il virus fosse fuoriuscito da un laboratorio di armi biologiche, il che ha poco senso, dato che, per prima cosa, le armi biologiche di solito coinvolgono agenti patogeni più letali con una cura o un vaccino noto, per proteggere coloro che li utilizzano. Più’ tardi emersero altre teorie ancora più fantasiose.

Il lavoro scientifico del Dr. Shi Zhengli dipendeva in gran parte dalla raccolta e dall'analisi di centinaia di campioni di pipistrelli, ed i risultati dei suoi stessi studi avevano già mostrato i pericoli associati a questo tipo di ricerca.

Il lavoro pubblicato nel 2013 da Dr. Shi Zhengli  e Dr. Daszak aveva infatti dimostrato che un coronavirus vivo derivato da un pipistrello dello Yunnan poteva legarsi ai recettori di cellule polmonari umane, dimostrando che "potrebbero non essere necessari ospiti intermedi per infettare direttamente l’uomo”.

Quel controverso esperimento del 2015 precedentemente citato, coadiuvato da un gruppo di ricercatori che includeva Dr. Baric e Dr. Shi Zhengli  fu realizzato dopo aver trovato un altro coronavirus di pipistrello sospettato di poter infettare direttamente l'uomo. Siccome quel coronavirus era difficile da mantenere in laboratorio, il gruppo di ricercatori ne creò  uno chimerico usando il suo stesso recettore Spike e dimostrando che anch'esso poteva infettare direttamente le cellule delle vie respiratorie umane.

Nell'ottobre 2015, il laboratorio di Dr. Shi Zhengli  analizzò il sangue di oltre 200 persone che vivevano a pochi chilometri da due grotte di pipistrelli dello Yunnan di cui 6 risultarono positive ad anticorpi di coronavirus di pipistrello, un’indicazione di un'infezione pregressa. Tutti e sei riferirono di aver visto pipistrelli ma il fatto che delle 200 persone testate solo 20 avessero riportato di aver visto pipistrelli volare vicino alle loro case, suggerì che in seguito all’esposizione il rischio di infezione fosse molto elevato.

Tuttavia nessuno ha tenuto conto di queste considerazioni nelle pratiche di laboratorio

Infatti nonostante un articolo cinese del 2017 avesse mostrato la grande cautela con cui lavoravano i ricercatori dell'Istituto di Virologia di Wuhan fotografati incappucciati e con maschere N95, più tardi quell'anno una report della TV di stato cinese riguardante il lavoro di ricerca del Dr. Shi Zhengli mostrava operatori che maneggiavano pipistrelli o feci di pipistrello a mani nude o con le braccia esposte. Una persona del suo team aveva addirittura paragonato un morso di pipistrello “all’essere trafitti da un ago".

Nel 2018 in un post sul suo blog che fu poi successivamente rimosso, Dr. Shi Zhengli  dichiarò che questo lavoro di ricerca non era "così pericoloso" come tutti pensavano, scrivendo inoltre che "La possibilità di infettare direttamente gli esseri umani è molto bassa, e nella maggior parte dei casi verranno prese solo misure di protezione di tipo ordinario", a meno che un pipistrello non fosse già noto per portare un virus che potesse infettare direttamente l’essere umano. Secondo il Washington Post qualcosa di simile fu ripetuto dalla dottoressa in un video in stile “TED Talk” del 2018, nel quale Lei affermava che le misure di protezione di tipo ordinario, illustrate da fotografie di colleghi senza mascherina, o solo con mascherina chirurgica ma a mani nude, fossero più che sufficienti perché si riteneva che i patogeni dei pipistrelli richiedessero un ospite intermedio. Dr. Shi Zhengli  poi confermò che tutte le ricerche dell'istituto erano eseguite in stretta conformità con gli standard di biosicurezza e il laboratorio era testato annualmente da un'istituzione scientifica indipendente.

Anche il Wuhan CDC condusse ricerche sui virus trasmessi dai pipistrelli e uno dei suoi membri, Tian Junhua,  noto per le sue avventurose scoperte scientifiche,  in un articolo del 2013 era stato pubblicato che la sua squadra catturò ben 155 pipistrelli nella provincia di Hubei. Il Washington Post più’ tardi riferì’ che in un video pubblicato il 10 dicembre 2019 che lo stesso Tian Junhua si era vantato di "aver visitato decine di grotte di pipistrelli e di aver studiato almeno 300 tipi di vettori virali differenti". In precedenza, questo ricercatore aveva anche parlato di aver commesso diversi errori sul campo, come dimenticare l'attrezzatura di protezione personale o essere stato schizzato con urina e sangue di pipistrello direttamente sulla sua pelle.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) ha riferito più volte che l'agenzia di ricerca cinese ha sempre negato di aver mai conservato o lavorato con virus di pipistrello in laboratorio prima della pandemia. Lo scorso marzo l'OMS dichiarò che il 2 dicembre 2019 il laboratorio del CDC. di Wuhan  era stato trasferito in una nuova sede vicino al mercato Huanan e che durante il trasferimento non c’erano state "interruzioni o incidenti". Data la mancanza di trasparenza del governo cinese, venne il sospetto che campioni di laboratorio, se non i pipistrelli stessi, fossero stati trasportati vicino al mercato al momento dell'inizio del primo outbreak.

Molte di queste pratiche di ricerca non erano comunque violazioni delle norme internazionali. Una ricercatrice americana specializzata in pipistrelli ha confermato che ora si indossano sempre respiratori nelle caverne dei pipistrelli, ma prima della pandemia questa non era una pratica standard.

Non è dunque un'idea strampalata pensare che la ricerca sul campo possa di per sè stessa scatenare un'epidemia.

Dr. Linfa Wang, un virologo cino-australiano con sede a Singapore che ha lavorato spesso con Dr. Shi Zhengli e pioniere dell'ipotesi che i pipistrelli fossero dietro l'epidemia di SARS del 2003, ha detto alla rivista Nature che esiste una piccola possibilità che questa pandemia {Sars-Cov-2} sia stata provocata da un ricercatore inavvertitamente infettato da un virus sconosciuto mentre raccoglieva campioni di pipistrelli in una grotta. I pipistrelli stessi inoltre quando ospitati vivi e cresciuti nei laboratori sarebbero fonte di ulteriori rischi alla salute, rischi non diversi da quelli causati dalla vendita di animali selvatici nei mercati urbani.

Il 10 dicembre, Peter Daszak, che  aveva coordinato la lettera della rivista The Lancet denunciando la messa in discussione delle origini naturali del Covid-19  e che era stato incluso come membro del comitato di indagine dell’OMS sulle origini del Covid-19 aveva insistito che affermare che ci fossero stati pipistrelli vivi nei laboratori con cui lui aveva collaborato per 15 anni fosse una teoria assurda. "Non è così che funziona questo tipo di ricerca scientifica", ha scritto in un tweet che ha poi cancellato. "Noi raccogliamo campioni di pipistrelli, li mandiamo al laboratorio, e rilasciamo i pipistrelli dove li abbiamo catturati!".

Ma nel tempo si sono accumulate prove che suggeriscono che sia vero il contrario.

Un assistente ricercatore ha confermato a un giornalista che la stessa Dr. Shi Zhengli si fosse assunta la responsabilità’ di dare da mangiare ai pipistrelli quando gli studenti erano assenti. Inoltre, nel 2018, un'altro report investigativo scoprì che una squadra guidata da uno dei dottorandi di Dr. Shi Zhengli avesse raccolto enormi quantitativi di campioni e rinchiuso una dozzina di pipistrelli vivi per ulteriori test in laboratorio".

Il sito web dell'Accademia Cinese delle Scienze aveva catalogato l'istituto di Wuhan come avente almeno una dozzina di gabbie per pipistrelli e nel 2018 l'istituto stesso aveva richiesto un brevetto per una gabbia per pipistrelli. Dr. Shi Zhengli aveva parlato di un progetto che prevedeva il monitoraggio nel tempo di anticorpi nei pipistrelli e questo tipo di esperimenti non poteva di certo essere fatto in una grotta. Infine recentemente è emerso un altro video che avrebbe mostrato pipistrelli vivi nell'istituto.

Solo poche settimane fa, Dr. Daszak ha rivisto le sue affermazioni precedenti. "Non sarei sorpreso se", ha detto, "come molti altri laboratori di virologia in giro per il mondo, anche Dr. Shi Zhengli  stesse cercando di creare una colonia di pipistrelli in cattivita’".

Nel frattempo, nessun ospite secondario animale è stato ancora trovato, nonostante siano stati testati migliaia di animali intorno a Wuhan. Il mese scorso anche un ex commissario della Food and Drug Administration, Scott Gottlieb, ha detto che il fatto di non aver trovato nessun ospite intermedio è un’ulteriore prova della fuga di laboratorio, mentre Dr. Daszak ha comunque suggerito che gli investigatori non si fermino, ma continuino a cercare eventuali ospite intermedi  nelle fattorie di animali selvatici del sud della Cina.

Ma se la fuoriuscita {di Sars-Cov-2} fosse avvenuta tramite trasmissione diretta da pipistrello a uomo non sarebbe stato necessario nessun ospite intermedio, dal momento che potrebbe averla causata una qualsiasi interazione umana con un pipistrello, da un contadino di un villaggio nei pressi delle grotte dove i pipistrelli vivono come da un ricercatore sul campo.

Ad ogni modo, anche se la teoria che i virus di pipistrello abbiano bisogno di un animale intermediario per trasmettersi all'uomo sia molto diffusa, la ricerca scientifica non è concorde sul fatto che sia stato la civetta delle palme ad aver diffuso la SARS dai pipistrelli all'uomo.

Sappiamo infatti che questi piccoli mammiferi amplificarono l'epidemia una volta che la SARS  arrivò nel mercato del Guangdong e che a quel punto tra umani e civette delle palme divenne possibile la trasmissione del virus da ambo le parti, tuttavia le uniche popolazioni di animali infetti che i ricercatori hanno trovato erano quelle dei mercati urbani e talvolta delle fattorie, a contatto diretto con le persone, non in natura tra animali selvatici.

Noi umani infatti possiamo infettare direttamente diversi tipi di animali e per questo motivo lo scorso anno la Danimarca decise di sopprimere 17 milioni di visoni che avevano contratto la SARS-CoV-2 dall'uomo. È dunque plausibile che anche nel caso di SARS-CoV-1 gli esseri umani abbiano infettato le civette delle palme e queste siano state in grado di retroinfettare l’uomo come osservato negli allevamenti di visoni danesi nel 2020.

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Altre fonti di rischio furono,come detto precedentemente le attività di ricerca di laboratorio,

Ci sono state molte speculazioni sul fatto che SARS-CoV-2 fosse il risultato dell'ingegneria genetica. Questa ipotesi non può essere esclusa solo sulla base dell'analisi genomica, e il sospetto è cresciuto a causa della risposta al solito poco trasparente delle autorità cinesi. Queste ultime si sono infatti rifiutate di condividere dati di laboratorio e Dr. Shi Zhengli  ha fatto eco a questa posizione a maggio, quando un gruppo di scienziati, tra cui il suo co-autore, Dr. Baric, spingevano per una maggiore trasparenza delle informazioni rilasciate. "E’ una richiesta assolutamente inaccettabile",  scrisse la scienziata cinese in un'email a un giornalista in risposta alla richiesta di vedere i dati del suo laboratorio. 

Nel frattempo, per tutto il dicembre 2019, i medici di Wuhan sospettavano che un virus simile alla SARS stesse circolando liberamente nella popolazione, e il governo locale arrestò diversi informatori, tra cui almeno un operatore sanitario.

L'insabbiamento da parte dei funzionari del Partito Comunista continuò fino a quando l'eminente scienziato della SARS Zhong Nanshan si  recò’ a Wuhan il 18 gennaio e lanciò l'allarme.

 Detto questo, alcune prove circostanziali gettano vari dubbi sull'affermazione che il virus SARS-CoV-2 sia stata bioingegnerizzato.

Per esempio, aspetti del virus che hanno fatto sospettare che fosse ingegnerizzato in laboratorio potrebbero anche essersi evoluti naturalmente. Molta attenzione è stata concentrata su una caratteristica insolita della sua proteina Spike chiamata “sito di clivaggio della furina”, per mezzo del quale il virus può infettare meglio la cellula umana. È una delle varie peculiarità’ di SARS-CoV-2 così particolare che perfino i virologi che dubitavano fortemente di un coinvolgimento di laboratorio hanno detto di essere rimasti scioccati nel vedere la presemza di questo sito. 

Ma al di là del sito di taglio della furina, SARS-CoV-2 era un virus che gli scienziati non avevano mai visto prima. Il processo evolutivo può essere sì un accumulo casuale di molteplici caratteristiche strane e nuove tuttavia, una tale combinazione sarebbe inadeguata al tipo di ricerca scientifica che scienziati come Dr. Shi Zhengli conducono e che sarebbe necessaria per pubblicare su riviste scientifiche di alto livello. Il loro lavoro di solito comporta la modifica e l'esame attento di un elemento virale alla volta per scoprire quale funzione ogni elemento abbia. Ad esempio se il vostro computer si bloccasse non potreste capire quale sia il problema cambiando simultaneamente la fonte di alimentazione, il cavo e la presa elettrica, ma dovreste testare ogni elemento individualmente. Avere una varietà così grande di elementi insoliti porta a risultati difficili da valutare, non ad un articolo su una rivista prestigiosa come Nature.

Oltre alla possibilità di una modifica di ingegneria genetica eseguita direttamente sul virus, ciò che ha sollevato preoccupazioni anche il regolare lavoro di ricerca nei laboratori di Wuhan. Nel 2016 l'istituto di Wuhan riferì di aver condotto esperimenti su coronavirus vivi di pipistrello capaci di  infettare cellule umane in un laboratorio BSL-2, con un livello di biosicurezza cioè’ paragonabile a quello dello studio di un dentista. A questo livello, l’utilizzo di un equipaggiamento di sicurezza superiore ai soli guanti e camice di laboratorio è infatti facoltativo, e spesso non c'è alcun controllo sul flusso d'aria e sulla ventilazione tra l'area di lavoro e il resto dell'edificio. Michael Lin, un professore associato di neurobiologia e bioingegneria a Stanford, ha pubblicamente detto che è stato "un vero scandalo, reso pubblico dalla stampa", che si sia lavorato in condizioni di sicurezza così basse con un virus simile alla SARS in grado di replicarsi in cellule umane. 

Il solo tentativo di crescere virus di pipistrello in laboratorio genera rischi che nemmeno gli stessi scienziati possono prevedere. Per esempio nel tentativo magari fallimentare di coltivare il ceppo virale desiderato, gli scienziati potrebbero inavvertitamente selezionare un virus a loro sconosciuto. È anche possibile, Dr. Lin ha affermato, che in un singolo campione più virus diversi possano coesistere e possano ricombinarsi tra loro dando origine a qualcosa di completamente nuovo ma non rilevato. 

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In questo scenario, in condizioni di sicurezza BSL-2 o anche in condizioni BSL-3 incomplete, i ricercatori potrebbero essere esposti a un agente patogeno nuovo che non sapevano esistesse.

Diversi scienziati che avevano firmato la lettera pubblicata su The Lancet che denunciava come falsa ogni considerazione diversa dall’origine naturale [di Sars-Cov2]  adesso sono più aperti alla tesi di un possibile coinvolgimento di laboratorio. Uno di loro, Bernard Roizman, emerito virologo dell'Università di Chicago con quattro cattedre onorarie in varie università cinesi, ha affermato di essere propenso a credere che ci sia stato un incidente di laboratorio: "Sono convinto che quello che è successo è che questo virus sia stato portato in un laboratorio, e ci abbiano iniziato a lavorare sopra", ha detto al Wall Street Journal, "e poi  qualcuno disattento lo abbia  fatto uscire". Ed ha aggiunto: "Loro non potranno mai ammettere di aver fatto qualcosa di così stupido". Un altro firmatario, Charles Calisher della Colorado State University,  ha recentemente affermato a ABC News che "ci sono troppe coincidenze" per ignorare la teoria della fuga dal laboratorio e che ora crede che "sia più probabile che il virus sia uscito da quel laboratorio". Peter Palese, il virologo che  scrisse sulla pandemia di influenza del 1977, ha dichiarato: "sono emerse molte informazioni inquietanti dopo la lettera pubblicata da The Lancet che ho firmato" e vuole un'indagine per trovare delle risposte.  Molti altri scienziati hanno detto come lui di aver cambiato idea.

Anche Ian Lipkin, direttore del Center for Infection and Immunity alla Columbia University, coautore nel marzo 2020 di un articolo di grande impatto nella comunità’ scientifica pubblicato da Nature Medicine a favore dell’origine naturale del virus, è ora molto più scettico. "La gente non dovrebbe studiare i virus del pipistrello nei laboratori di livello BSL-2", ha detto il mese scorso al giornalista scientifico Donald G. McNeil Jr. "La mia opinione adesso è cambiata".

I quaderni dei ricercatori del laboratorio coinvolto potrebbero aiutare a chiarire tali questioni. Lo scorso luglio, Dr. Shi Zhengli  dichiarò che "non c’è alcuna possibilità" che qualcuno all’interno dell'istituto potesse essersi infettato "durante la raccolta, il campionamento o la manipolazione dei pipistrelli", aggiungendo di aver recentemente testato tutti i membri del personale dell'istituto e gli studenti per gli anticorpi correlati a una un'infezione pregressa da SARS-CoV-2 o da virus simili alla SARS e di aver trovato "zero infezioni"  insistendo di poter dunque escludere questa possibilità per tutti i laboratori di Wuhan.

È molto difficile comprendere come uno scienziato attento possa escludere pubblicamente che ci sia stata anche la minima possibilità di contagio in tutti i laboratori, compresi quelli non suoi. "Infezione zero" significherebbe infatti non un solo caso tra le centinaia di persone all’interno dell'istituto, nonostante uno studio abbia rilevato che il 4,4% della popolazione di Wuhan sia stato infettato.

Inoltre, quando l’OMS chiese maggiori informazioni sui primissimi casi di Covid-19 a Wuhan, compresi i dati anonimi ma dettagliati dei pazienti - qualcosa che dovrebbe essere standard in qualsiasi indagine sull'origine di un focolaio di infezione – le autorità’ cinesi gli negarono l'accesso.

Tutto questo lascia aperte molte possibilità e lascia ancora molta confusione.

D’altro canto però, siccome la maggior parte delle pandemie sono state causate da agenti zoonotici, che emergono cioè dagli animali, perchè si dovrebbe sospettare il coinvolgimento di un laboratorio? Per rispondere a questa domanda, tuttavia, invece di fare paragoni con la storia dell’umanità in generale, forse bisognerebbe fare un confronto con il periodo storico dalla nascita della biologia molecolare, quando cioè diventò più plausibile che scienziati attraverso le loro pratiche potessero causare nuovi focolai d’infezione. La pandemia del 1977 per esempio era collegata ad attività di ricerca, a differenza delle altre due pandemie che si sono verificate successivamente, AIDS prima e influenza suina causata dal virus H1N1 del 2009, che non lo erano. Inoltre, quando si verifica un evento raro come una pandemia bisogna considerare tutte le  possibili cause. È come indagare su un incidente aereo: volare è di solito molto sicuro, ma quando succede un incidente, non ci limitiamo a dire che gli errori meccanici o del pilota non portano di solito a catastrofi o che il terrorismo è un evento raro, ma piuttosto, indaghiamo tutte le possibilità, compresi le più inverosimili, in modo tale da poter impedire che un evento del genere si ripeta di nuovo.

Forse la domanda più importante a cui rispondere è come interpretare il fatto che la posizione del primo focolaio d’infezione fosse a un migliaio di chilometri dai coronavirus più’ prossimi a Sars-CoV-2 (le grotte di Yunnan) ma a poche centinaia di metri da un istituto leader nella ricerca scientifica su coronavirus di pipistrello.

Più’ volte il dubbio relativo alla posizione del laboratorio era stato liquidato dicendo che laboratori di quel genere vengono di solito installati in prossimità di dove si trovano i virus da studiare. Tuttavia, l'Istituto di Virologia di Wuhan  è  lì dal 1956, quando veniva utilizzato per studi di microbiologia agricola e ambientale sotto un altro nome. L’istituto fu poi ingrandito ma cominciò a focalizzarsi sulla ricerca sui coronavirus di pipistrello solo dopo la SARS. Wuhan inoltre è una metropoli con una popolazione più grande di quella di New York, non un avamposto rurale vicino a grotte di pipistrelli. Dr. Shi Zhengli disse che il focolaio del dicembre 2019 la sorprese perché "non si sarebbe mai aspettata che questo tipo di cosa potesse accadere a Wuhan, nella Cina centrale". Infatti, quando il suo laboratorio aveva bisogno di una popolazione di controllo con una bassa probabilità di esposizione al coronavirus di pipistrello, venivano utilizzati i residenti di Wuhan, poiché’ "i suoi abitanti hanno una probabilità molto inferiore di contatto con i pipistrelli a causa della loro impostazione urbana”.

Comunque la posizione geografica non è da sola una prova sufficiente. Anche se ci sono molti scenari che suggeriscono come plausibile un coinvolgimento diretto dell’attività di ricerca scientifica in questa pandemia, altre possibilità’ non possono ancora essere escluse.

Questa settimana, Jesse Bloom, un professore associato al Fred Hutchinson Cancer Research Center, ha affermato che quando  riuscì a recuperare e analizzare una serie di sequenze genetiche parziali provenienti da Wuhan agli inizi della pandemia che erano state rimosse dall’archivio genomico, i risultati supportavano "le l’ipotesi che Sars-CoV2  circolasse a Wuhan già’ prima dell'episodio legato al mercato”. Sia i primi rapporti degli scienziati cinesi che la più recente indagine dell'OMS pubblicata lo scorso inverno hanno infatti evidenziato che molti dei primi casi di contagio non avevano alcun collegamento con il mercato del pesce, compreso quello dell'8 dicembre 2019 considerato per ora il primo caso riconosciuto. Per cui il mercato del pesce potrebbe non essere stato il luogo originante la pandemia.

È anche plausibile che la pandemia possa essere iniziata in qualche altra località e che sia stata rilevata a Wuhan semplicemente perché era una grande città. Testare le banche del sangue di tutta la Cina, specialmente nelle aree vicine agli allevamenti di animali selvatici e alle grotte di pipistrelli aiuterebbe, ma tranne qualche rara eccezione o il governo cinese non ha condotto tali ricerche, o se lo avesse fatto, non ha dato il permesso di condividerne i risultati.

Con così tante evidenze nascoste, è difficile dire di avere delle certezze riguardo le origini del Covid-19, e un'indagine vera  e propria per ottenere delle risposte dovrebbe affrontare molte difficoltà. Per questo motivo di alcune epidemie non è mai stata scoperta l’origine.

Ma anche se ci vengono negate le risposte, possiamo comunque imparare molto da questa vicenda, come il fatto che, in un modo o nell'altro, eravamo destinati a un'epidemia di coronavirus di pipistrello, considerando che esistevano molteplici prove di laboratorio che dimostravano la capacità dei coronavirus di pipistrello di saltare specie e infettare direttamente esseri umani, prove a cui non si è prestata sufficiente attenzione.

Nel lavorare con pipistrelli e virus gli scienziati e i funzionari governativi dovrebbero soppesare rischi e benefici, sia sul campo che in laboratorio, considerando che per prevenire una pandemia e le sue conseguenze oltre alla ricerca scientifica si dovrebbero potenziare anche altri ambiti della salute pubblica. Potrebbe infatti essere più efficace istituire una sorveglianza rigorosa nei luoghi in cui proliferano agenti patogeni potenzialmente pericolosi, e preparare meglio le istituzioni a reagire rapidamente e in modo trasparente al primo segno di un outbreak. La ricerca scientifica potrebbe essere indirizzata verso la risposta piuttosto che la previsione. Risposta e previsione sono due aspetti che in parte si sovrappongono ma che non sono identici e trovare un virus pericoloso in una grotta o in una “piastra Petri” potrebbe anche essere utile, ma è un po' come dare fastidio a un orso che dorme.

La ricerca sui pipistrelli dovrebbe essere fatta con più attenzione e non si dovrebbero studiare virus di pipistrello in laboratori BSL-2, ma in laboratori BSL-3 e con la massima cautela. I pipistrelli nei laboratori dovrebbero essere trattati come un pericolo molto serio e le interazioni umane con i pipistrelli dovrebbero avvenire sotto stretta regolamentazione e sorveglianza.

Alison Young, una giornalista investigativa che ha a lungo coperto incidenti di laboratorio, ha scritto che dal 2015 al 2019, negli Stati Uniti sono stati segnalati più di 450 incidenti con agenti patogeni che il governo federale regola a causa della loro pericolosità. Anche nei laboratori britannici si è misurata la stessa percentuale di incidenti. Inoltre ci sono evidenze che suggeriscono che molti incidenti di laboratorio non siano nemmeno segnalati.

Alcuni scienziati hanno proposto di imporre controlli più severi e una più forte analisi rischio-beneficio per la ricerca sugli agenti patogeni che potrebbero inavvertitamente innescare pandemie e per gli studi scientifici ritenuti improrogabili si è proposto di spostarne i laboratori fuori dalle città densamente popolate.

La cooperazione con la Cina su questi temi è vitale, anche per quanto riguarda la sicurezza dei laboratori e la sorveglianza delle epidemie. Alcuni sostengono che criticare sia la risposta della Cina alla pandemia sia le pratiche scientifiche che potrebbero averla causata potrebbe mettere in pericolo questa cooperazione. È difficile tuttavia prevedere come queste richieste possano rendere i funzionari cinesi più intransigenti di quanto non lo siano già. La gente è comprensibilmente preoccupata anche del fatto che queste accuse possano demonizzare gli scienziati di altri paesi, specialmente dato il razzismo anti-asiatico emerso dall'inizio della pandemia. Ma quale tipo di vantaggio porterebbe loro il perpetuare questo tipo di comportamenti?

Dopo un incidente di laboratorio con batteri di antrace avvenuto nell'Unione Sovietica nel 1979 che uccise dozzine di persone, i principali scienziati occidentali  decisero di accettare le giustificazioni del governo sovietico, che poi si rivelarono essere tutte bugie.

Questo tipo di atteggiamento non aiuta a  migliorare gli standard di sicurezza, compresi quelli di cui beneficerebbero gli scienziati che lavorano in paesi autoritari.

Ma la strada migliore è quella di una vera cooperazione globale basata  su mutuo beneficio e reciprocità e nonostante l'attuale ipocrisia, dovremmo supporre che anche il governo cinese non voglia avere a che fare di nuovo con questo tipo di situazioni, specialmente considerando che anche l'epidemia di SARS è iniziata lì.

Questo significa mettere l'interesse pubblico prima delle ambizioni personali e riconoscere che, nonostante il fascino delle sue enormi potenzialità, la ricerca biomedica può  essere anche molto pericolosa.

Per fare questo, i funzionari governativi e gli scienziati devono guardare al quadro generale: Cercare la verità invece di nascondere prove per evitare figuracce, sviluppare un quadro generale che non si limiti semplicemente ad accusare la Cina di tutto, poiché le questioni sollevate sono globali. Ed infine rendersi conto che la cosa più’ importante è fare molta più’ attenzione ai dettagli...]


( traduzione ad opera di  Roberto Ospici e Lucia Mazzacurati - PDO )

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