venerdì 16 febbraio 2024

AI ED INNOVAZIONE NELLA “DRUG DISCOVERY”.




Comincio con il premettere che quando si parla di politici come Biden o Amato (non a caso, fortunatamente, destituito) la senilità non sembra essere uno dei loro punti di forza. Ma lasciamo perdere questo aspetto per un attimo. C’è chi utilizza ChatGPT come se fosse Google, cercando ricette per cucinare carciofi (che, ammettiamolo, possono essere preparati in un'infinità di modi deliziosi). Poi ci sono quelli che usano l'intelligenza artificiale per produrre materiale di natura più…”hard”. E non dimentichiamo coloro che si divertono a creare una modella artificiale su misura, perché, diciamocelo, a volte gli influencer reali possono essere un po inopportuni se non “dannosi”.

Insomma, viviamo in un'epoca in cui le possibilità sono infinite e ognuno può fare ciò che preferisce con le nuove tecnologie. Sono proprio queste eccentricità che rendono la vita interessante e piena di sorprese. Quindi, che tu sia un fanatico della cucina, un appassionato di materiale “hard”o un amante della moda virtuale, il mondo dell'intelligenza artificiale ha qualcosa da offrire per tutti.

Ah, gli influencer virtuali, la nuova frontiera dell'umanità! Ma lasciamo da parte la nostra socievole AI, ChatGPT, e concentriamoci sugli impatti che questa tecnologia sta avendo, o forse meglio, che avrà (sempre che non si ribellino e prendano il controllo del mondo, ma questa è un'altra storia).

Ovviamente, il cinema, il fumetto e i videogiochi sono i primi candidati quando si tratta di essere "ritoccati" grazie  alle nuove tecnologie. Ma, sorpresa sorpresa, anche in altri settori meno glamour della nostra vita quotidiana l'IA fa capolino. Giusto per citarne qualcuno: social media, motori di ricerca e chi più ne ha più ne metta. Anche se dobbiamo ammettere che finora gli algoritmi non sono esattamente stati degli Einstein, ad esempio per quanto concerne Facebook. Ma hey… tutti hanno i loro momenti di down, giusto?

E qui entriamo nel meraviglioso mondo della statistica applicata, un luogo in cui ChatGPT si sente a casa. Gli dai una tabella di dati e in un battibaleno ti restituisce un codice magico per l'interpolazione. Basta un po' di copia-incolla da Excel, una spruzzata di richieste e boom, hai il tuo codice pronto all'uso. Ovviamente con Mathematica o Python i risultati sono ancora migliori. Questo link indica le principali differenze tra i due: https://mathematica.stackexchange.com/questions/86058/mathematica-vs-python-how-does-mathematica-compare-to-pythons-scientific-com.  Insomma, un vero e proprio Harry Potter del coding.

Ma attenzione, non siate troppo fiduciosi nel lasciare all'IA il compito di scoprire nuovi farmaci. Sembrerebbe che l'azienda "punta di diamante" nel campo abbia avuto qualche piccolo intoppo. Sì, sembra che la drug discovery non sia proprio il loro punto di forza.

https://www.fiercebiotech.com/biotech/benevolentai-makes-deep-cuts-after-midphase-flop-laying-180-and-shrinking-lab-footprint.

Credo di non peccare di presunzione se esprimo la considerazione che il nome David Parry ed il suo progetto Cyclofluidic dica, per molti,  assolutamente nulla. Una storia di ambizioni e fallimenti, come spesso accade nel mondo dell'innovazione. Per cui ecco cosa c'era dietro a questo progetto tanto interessante (https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acsmedchemlett.9b00095). Il progetto/sistema Cyclofluidic mirava a creare il robot definitivo per la drug discovery, cercando di sostituire il lavoro umano almeno fino alla fase di sviluppo di un lead, la prima versione di un farmaco sperimentale. Il sistema prevedeva un sintetizzatore automatico collegato a un sistema di test biologici in serie. Non solo avrebbe generato dati sulle molecole e i risultati di quegli stessi test, ma avrebbe anche apportato modifiche alle molecole sintetizzate in base ai risultati ottenuti. In teoria, una serie di cicli avrebbe permesso di ottenere una molecola ottimizzata in base ai risultati del test biologico scelto.

Purtroppo, anche la versione più semplice di Cyclofluidic, con chimica e variazioni semplici, ha fallito nella fase di prototipazione. Il progetto ha cercato di reinventarsi con l'intelligenza artificiale, approfittando dell'entusiasmo generato dagli investitori e dalle applicazioni dell'IA nella drug discovery, ma alla fine ha dovuto chiudere i battenti. Nonostante ciò, c'erano investitori che avevano creduto nel progetto, anche se non quanto hanno dimostrato di credere in BenevolentAI, che ha raggiunto una capitalizzazione di ben 2 miliardi di dollari.

Questo ci fa capire che il capitale è sempre attratto da tutto ciò che promette di risparmiare sulla manodopera o addirittura eliminarla, proprio come ha amato l'automazione che mirava a sostituire il lavoro umano. Nonostante molti di questi investimenti si siano rivelati fallimentari nel corso degli anni, siamo sempre alla ricerca di nuove promesse da finanziare. Sembrerebbe che nel mondo degli investimenti, il sovravendere e poi non mantenere le promesse sia stato più redditizio dell'innovazione reale. Quest'ultima è spesso un processo incrementale, faticoso e soggetto a colpi di fortuna e sfortuna, quindi poco attraente dal punto di vista degli investitori.

D'altro canto, se guardiamo ai nuovi farmaci degli ultimi vent'anni, quelli davvero rilevanti, come gli antivirali e gli antitumorali, scopriamo che sono stati sviluppati principalmente dalle menti e dalle mani degli scienziati e degli operatori umani nell'industria, non da robot o IA. Questo ci fa riflettere sulla potenza dell'esperienza umana e sulla creatività che solo le menti umane possono offrire.

Quindi, anche se le nuove tecniche e l'IA possono fornire un supporto prezioso, non dobbiamo dimenticare l'importanza del lavoro umano e delle menti umane nell'innovazione farmaceutica. È lì che risiede la vera forza e il vero potenziale.


sabato 3 febbraio 2024

LA STESURA DEL “NUOVO” PIANO PANDEMICO NAZIONALE 24-28 E CHI SI RICORDA DI SARA GANDINI .


Premessa: che la recente proposta del Piano Pandemico Nazionale 24-28 sia assolutamente passata SOTTO LE RIGHE non mi stupisce più di tanto viste le condizioni in cui versa l’attuale nostro sistema informativo media-social-giornalismo-varietà che, ovviamente, sentitamente ringrazia. Mentre per quel che concerne Sara Gandini, giova rammentare che è una ricercatrice italiana in campo epidemiologico fra le più quotate a livello internazionale nonché Direttrice dell’unità "Molecular and Pharmaco-Epidemiology" presso il dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. “È anche una persona che si è impegnata personalmente per difendere i DIRITTI CIVILI E UMANI durante la follia pandemica, come pure per difendere la scienza, quella vera, da quelli che l'hanno sfruttata per scopi politici o per i propri interessi economici. Per questo, Sara Gandini è stata maltrattata e insultata in vari modi durante il periodo dell'epidemia.”[Cit]


Questo un suo articolo del 29/4/23 dal titolo “Effetti del Covid: un paese in uno stato di paralisi culturale spaventosa” e che CONSIGLIO VIVAMENTE DI LEGGERE tanto per chiarire la SUA POSIZIONE estremamente moderata: “Capisco benissimo la rabbia di chi è stato discriminato perché non vaccinato, di chi si è vaccinato contro voglia per non perdere il lavoro, ancora di più di chi è stato obbligato a vaccinare i figli perché potessero fare sport o andare a scuola.

Capisco anche chi si fida sempre meno di medici, scienziati, istituzioni e teme di essere vittima di un grande esperimento sociale. Che ci siano grandi interessi economici, ma anche di potere, dietro a quello che è accaduto durante la pandemia, ma che accade ancora adesso, dalla guerra alle nuove politiche emergenziali, è indubbio.

La cosa però che mi fa rabbia è che sia così difficile creare spazi di discussione libera.

Se da una parte abbiamo i seguaci del burionismo, i terroristi del covid19, i sostenitori della scienza che diventa religione, per cui chi porta senso critico è necessariamente un pericoloso analfabeta funzionale, novax, negazionista...

Dall'altra abbiamo le comunità che cercano di ribellarsi ma finiscono per banalizzare ogni discussione sulla pandemia, e invece di stare su un livello politico, regolarmente arrivano a sostenere che i vaccini sarebbero il male assoluto, la causa di ogni malattia.

Così come mi sono arrabbiata quando le istituzioni si sono sottratte al convegno organizzato dal Politecnico di Torino, altrettanto non sopporto più chi invita a parlare solo chi aderisce perfettamente alla propria narrazione e sostiene il proprio schieramento. Anche chi parla di una medicina personalizzata e che rispetta le scelte dei singoli viene attaccata se non demonizza il vaccino, come è capitato più volte alla sottoscritta, perché per definizione tutti i medici e gli scienziati sarebbero corrotti e inaffidabili.

In entrambi i casi lo scambio tra posizioni differenti fa problema. L'altro viene ridotto regolarmente a nemico.

Ogni discussione viene ridotta a scontro e si ripetono le parole d'ordine del proprio schieramento, senza rendersi conto che questa contrapposizione è assolutamente funzionale a chi vuole impedire una seria discussione sulla pandemia, ma in generale su dove sta andando la nostra società.

Chi alimenta queste contrapposizioni ha una grande responsabilità anche perché tutto questo porta ad un infinito senso di impotenza a livello politico. E lo stiamo vedendo a ogni livello.

Rispecchiarsi nell'identico a sé alimenta il proprio narcisismo ma impedisce di camminare e di cambiare punto di osservazione, di allargare lo sguardo. Che è ciò di cui abbiamo bisogno.” [Cit].


In questo articolo, Sara Gandini scrive sostanzialmente un commento sulla situazione ormai incancrenita del dibattito in Italia : “Se era e rimane corretto non fidarsi di quello che ci raccontano i teletromboni di stato che pretendono di rappresentare "La Scienza", è altrettanto sciocco affidarsi al primo rattoppato cerebrale che spiega su YouTube che ha trovato grafene nei vaccini, il che prova che sono stati progettati come strumenti per un programma di sterminio dell'umanità. Purtroppo, non c'è nessun dialogo fra i due campi opposti. Cercare di ragionare razionalmente su qualunque cosa sembra essere diventato impossibile in un paese che si trova in uno stato di paralisi culturale che ormai definiresti come simile a un paziente con danni cerebrali irreversibili. (UB)”. [Cit].


Ora, a metà Gennaio, è stato presentato dal Governo, quello che dovrebbe essere il, si fa per dire “nuovo” Piano Pandemico 2024-2028. Sinceramente non so in quanti lo sappiano e certamente non ne ho sentito parlare molto, anzi, e a chiedersi del perché rispondo sempre con un altro intervento sempre della Professoressa Sara Gandini. Si, sempre lei, di cui avete potuto leggere il pensiero poche righe sopra.


Bisogna avere pazienza e, prima o poi, i nodi vengono al pettine. La saggezza popolare qui è davvero istruttiva. È notizia recente il fatto che Il governo in carica ha presentato un “nuovo” piano pandemico (https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=119551) che, nel caso di future emergenze, ricalcherà esattamente le stesse linee direttrici adottate da Conte e Draghi, i precedenti responsabili della gestione (funesta) della pandemia/sindemia Covid-19. È confermata la centralità assoluta dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=119551) in cui si legge nero su bianco: La scelta del Dpcm quale strumento centrale di governo dell’emergenza sanitaria riflette dunque la posizione costituzionale del presidente del Consiglio quale garante dell’unità di indirizzo dell’azione di governo e di bilanciamento dei molteplici interessi pubblici), dei vaccini come “arma” decisiva per proteggere la cittadinanza dai virus, delle restrizioni e se necessari dei lockdown più o meno estesi”. [Cit].


Ora, fatta salva l’indiscutibile valenza dei vaccini, la nota ricercatrice prosegue: “Di nuovo si parla della possibilità di interrompere attività sociali, come la scuola in presenza, come mezzo per limitare i contagi. Di nuovo si prendono decisioni politiche senza usare le evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni. Anche i nostri studi italiani che hanno indagato se l’apertura delle scuole fosse stata un motore della pandemia hanno mostrato che non ci sono DATI SOLIDI in questa direzione (https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/10/finita-la-pandemia-tiriamo-le-somme-tenere-chiuse-le-scuole-cosi-a-lungo-e-stato-un-errore/7157036/) e anche i recenti studi internazionali durante la diffusione della variante Omicron l’hanno confermato. Nel testo del piano pandemico si specifica che eventuali restrizioni alla libertà individuale devono rimanere in vigore solamente lo stretto necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all’entità dell’evento, affinché i rischi e i danni che potrebbero derivare per i singoli individui siano contenuti e inferiori al beneficio collettivo auspicato, ma sono gli stessi identici ragionamenti che sono stati fatti durante la pandemia. Questo “stretto necessario” è UN CONCETTO CHE DIPENDE DAGLI INTERESSI IN GIOCO e in passato è stato dettato più dalla necessità dei politici di difendersi da eventuali accuse di non avere chiuso abbastanza (la cosiddetta epidemiologia difensiva), in una situazione di sanità che è totalmente allo sbando, che dalla necessità di tenere conto degli effetti delle chiusure sulla salute psicologica dei giovani. Eppure anche noi abbiamo mostrato recentemente l’effetto che ha lasciare i giovani in casa di fronte ad uno schermo per mesi (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37637799/) La logica è sempre quella: di nuovo SI RIBALTA SUI CITTADINI responsabilità che sarebbero di governi che si susseguono uno dopo l’altro lasciando la sanità sempre meno in grado di far fronte alle richieste quotidiane. Figuriamoci di fonte alla prossima emergenza pandemica.

Meloni ha ribadito nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica odierna – quantomeno quella esercitata da un ceto dirigente pavido e confuso – può solo abbracciare i diktat neoliberisti, per i quali le emergenze sono OCCASIONI DI PROFITTO e di riorganizzazione autoritaria dello spazio pubblico. Gli investimenti sulla sanità non sono solo inadeguati, largamente inferiori a quanto necessario, ma si accompagnano a una progressiva svendita dell’intero sistema di SERVIZI. Il privato si lecca i baffi e, sulla scia dell’esempio a stelle e strisce, allunga le mani sulla medicina pubblica, preparando in tema di salute quello che l’autonomia differenziata sta realizzando sul versante dei rapporti tra sud e nord nel nostro Paese.

Le DISEGUAGLIANZE sono così destinate a CRESCERE, e una sanità lasciata alle brame degli agenti di profitto potrà solo divaricare ulteriormente le condizioni di vita che separano ricchi (pochi) e poveri (sempre di più). Difficile, vista la complessiva concordanza tra centro-destra e centro-sinistra sugli strumenti da adottare per affrontare eventuali fenomeni “pandemici”, che qualche settore della politica parlamentare si opponga a questa ristrutturazione in senso ultraliberista della sanità italiana.

Alla luce di questa deriva, che ci obbliga a non tacere e a sollevare la questione con ancora più forza, risulta CHIARISSIMO a cosa sia servita l’opposizione feroce e ideologica tra fazioni che ha ruotato ossessivamente intorno al fulcro dei vaccini dal 2021 ad oggi: a spezzare in due l’opinione pubblica, spostando su questo versante critiche e dissenso che andrebbero riorientati decisamente contro le politiche neolibpop (neoliberiste e populiste) che stanno togliendo ai cittadini ogni accesso costituzionalmente garantito a servizi sociosanitari di qualità. Come affrontare, dunque, questa spoliazione a danno di tutte/i noi? Intanto ribadendo con nettezza che il FINTO BIPOLARISMO ALL’ITALIANA confluisce puntualmente sulle larghe intese, anche in materia di governance delle emergenze”. [Cit].


Per cui, se avete avuto la pazienza di leggere tutto quanto riportato sopra, mi verrebbe da sorridere (amaramente) qualora non si fosse compreso in quali contesto versiamo. Siete ancora certi che si sia appreso quel minimo sindacale di insegnamento dalla recente pandemia? A conti fatti, direi sostanzialmente di no. E che non si tirino più in ballo pretestuose differenze tra destra e sindestra dal momento che, di questo passo, in assenza di reali ma soprattutto veritiere alternative cui poter scegliere, si andrà avanti sinché l’intero “baraccone” non si incepperà una volta per tutte.

domenica 19 novembre 2023

CHE COSA SI INTENDE PER EFFETTO HARVESTING E PERCHE’ E COME SI MANIFESTA DURANTE UNA EPIDEMIA.


Con la pandemia da Sars-CoV2, si è spesso parlato di “effetto harvesting”, un fenomeno che merita un minimo di spiegazione in modo da poter avere le idee più chiare sull’argomento.


Molto semplicemente, l’“effetto harvesting" si correla con lo sviluppo dei modelli di diffusione e di impatto relativi ad un'epidemia. L’origine di tale definizione nasce dalla similitudine per cui durante un'epidemia le persone più vulnerabili o deboli (in sintesi le popolazioni più a rischio, come ad esempio gli anziani o le persone con malattie croniche preesistenti) sono maggiormente esposte al rischio di andare incontro a morte prematura con conseguente riduzione temporanea del numero dei soggetti suscettibili all'infezione e, di conseguenza, a una diminuzione dei casi all'interno della popolazione durante la fase successiva dell'epidemia. Tuttavia, questa diminuzione è solo temporanea, poiché quando l'effetto dell'epidemia si attenua e il numero di soggetti suscettibili aumenta nuovamente, l’epidemia può tornare a diffondersi rapidamente, portando ad un aumento delle infezioni e dei casi.


Ecco perchè si ricorre all’espressione "mietitura" (appunto la traduzione del termine harvesting) di quelle stesse persone che sarebbero comunque decedute anche in assenza dell'epidemia. In altre parole che cosa accade? L’epidemia accelera o amplifica lo sviluppo delle patologie pregresse già in atto, portando ad un aumento del numero di decessi in un periodo di tempo relativamente breve.


Per essere più chiari, ciò che spesso si osserva nel corso di un'epidemia è un aumento dei casi durante un determinato periodo di tempo, seguito da una sua temporanea diminuzione. Tuttavia, dopo questa diminuzione, si verifica spesso un secondo picco che può essere più grave del primo a cui, appunto, si attribuisce il termine di “effetto harvesting”. Questo fenomeno si manifesta per effetto del risultato combinato di una serie di fattori quali i tempi di incubazione della malattia, il periodo di tempo tra l'esposizione e lo sviluppo dei sintomi, nonché il modo in cui le persone interagiscono e si comportano durante l'epidemia.


In altre parole, il suo impatto sui dati epidemiologici si traduce nel fatto che le persone che sarebbero morte a breve termine per altre cause, come malattie croniche o condizioni preesistenti, potrebbero essere erroneamente conteggiate come vittime dell'epidemia in corso. Ciò, evidentemente, può portare ad un apparente aumento dei tassi di mortalità durante l'epidemia in questione. Questo effetto si verifica quindi con una modalità per cui l'epidemia può accelerare la mortalità delle persone già debilitate, rendendo così difficile distinguere tra casi direttamente imputabili all’epidemia e quelli che sono soltanto "accelerati" da essa.


Quello su cui spesso non ci si sofferma a considerare abbastanza è che questi fattori possono creare un ritardo nel rilevamento e nella segnalazione dei casi, portando ad una diminuzione (solo) temporanea nel numero di casi segnalati. Ed ecco la possibilità concreta di cascarci con tutte le scarpe dal momento che l'epidemia può sembrare meno severa di quanto sia in realtà, poiché colpisce principalmente coloro che hanno già una salute compromessa.Tuttavia, con il passare del tempo però, ciò può anche comportare un accumulo di casi non rilevati che si manifestano successivamente, come già detto, sotto forma di un secondo picco.

Da qui l’importanza di prendere seriamente in considerazione l'effetto harvesting durante la gestione di un'epidemia, in modo da adottare misure adeguate per prevenire la diffusione del contagio e controllare la malattia anche nella fase successiva, quando cioè il numero di casi può aumentare. 


Detto e chiarito quanto sopra mi sembra assai chiaro che tale fenomeno rifletta l'importanza di considerare attentamente i dati epidemiologici per comprendere appieno l'impatto di un'epidemia e prendere decisioni fondamentali per le misure di controllo e la gestione delle risorse sanitarie durante un tale periodo critico.

lunedì 9 ottobre 2023

FARMACI GENERICI: TRA FALSI MITI FALSE VERITA’ ED IMPRECISIONI. (3)




I primi due post proposti sull’argomento farmaci originatori /farmaci generici, sono ovviamente supportati da alcuni “esempi pratici”. Penso che a molti il nome Peter Baker, non dica nulla. Attualmente è Presidente della Live Oak Quality Assurance LLC, con una consolidata esperienza nel miglioramento della qualità dei farmaci unita alla sorveglianza sull’integrità dei dati.


Esperienza maturatane nel corso di 11 anni di ispezioni per conto dell’FDA di cui 7 lavorando in India, Cina e Cile. Sei mesi dopo l'inizio del suo mandato come ispettore, Baker si recò in uno stabilimento dell’azienda indiana Wockhardt ad Aurangabad che produceva circa 110 farmaci generici per il mercato farmaceutico americano per certificare che lo stabilimento fosse conforme alle normative FDA note appunto come Pratiche di Buona Fabbricazione. Già al secondo giorno di ispezioni sorprese un dipendente che cercava di eliminare un sacco della spazzatura pieno di documenti. Questi documenti costituivano la prova materiale che l’Azienda aveva consapevolmente rilasciato sul mercato indiano e su altri mercati esteri fiale di insulina contenenti frammenti metallici apparentemente provenienti da una macchina sterilizzatrice difettosa la stessa con cui era stato prodotto anche un farmaco iniettabile per la cura di patologie cardiache. (https://www.fiercepharma.com/manufacturing/fda-bans-a-third-wockhardt-plant - https://www.fiercepharma.com/manufacturing/wockhardt-u-s-plant-nailed-by-fda-a-warning-letter - https://www.fiercepharma.com/manufacturing/fda-issues-untitled-letter-to-wockhardt-s-new-sterile-injectables-plant).


Nei cinque anni successivi, prima in India e poi in Cina, scoprì frodi o pratiche fasulle in quasi i quattro quinti degli stabilimenti farmaceutici da lui ispezionati. Alcuni stabilimenti utilizzavano laboratori “fantasma”, riproducevano segretamente test con annessa alterazione dei risultati sviluppando dati falsi che fondamentalmente travisavano la qualità dei farmaci, quindi presentavano tali dati alle autorità di regolamentazione .

Nel corso dei 27 mesi trascorsi in India, dei 38 stabilimenti farmaceutici che ha ispezionato, Peter Baker ha scoperto dati fraudolenti o fasulli in ben 29 di questi. Quando successivamente nel febbraio 2015  si è trasferito in Cina, ha rilevato frodi e inganni simili in 38 dei 48 stabilimenti farmaceutici da lui ispezionati. 

Risultato? Un tale comportamento contribuì a far sì che farmaci generici contenenti impurità tossiche, ingredienti non approvati o assolutamente non conformi fossero fruibili dagli ignari pazienti statunitensi.


In conclusione, un farmaco sarà OK a patto che venga prodotto in conformità alle Good Manufacturing Practices. In caso contrario uscirsene con l’immancabile frase “ma clinicamente “funziona” equivarrebbe a non vedere oltre il proprio naso.

Ripetute Warning Letters da parte degli Enti Regolatori, dovrebbe chiudere definitivamente ogni tentativo di produzione per quei farmaci sviluppati da quelle aziende destinatarie dell’Allert. Purtroppo, per tutta una serie di motivi già elencati, a volte si “preferisce” fare orecchie da marcante” come se non fosse accaduto nulla.


FARMACI GENERICI: TRA FALSI MITI FALSE VERITA’ ED IMPRECISIONI. (2)





Per chi non ne ha mai visto uno, come ve lo immaginate un impianto industriale occidentale di sintesi di API (principi attivi farmaceutici)? La fotografia postata, sia pure con tutti i limiti, potrebbe aiutare a renderne un’idea. Come funziona? Innanzi tutto la gestione è ad appannaggio di ingegneri chimici, non senza l’indispensabile apporto dei chimici farmaceutici (Medicinal Chemists) e dei chimici di processo (Process Chemists) con i quali molto spesso, sia pure con i dovuti distinguo tra le due figure, esistono inevitabili divergenze a proposito dello “scale-up” ossia la metodica per passare da un processo di fabbricazione/sintesi iniziato in laboratorio utilizzando quantitativi dell’ordine di mg/g ad una vera e propria produzione “industriale” attraverso il passaggio a kilolab (ambienti di laboratorio che utilizzano grandi reattori per produrre quantità nell’ordine di chilogrammi di materiale o farmaco) oppure su un impianto pilota.


Sia i Medicinal Chemists che i Process Chemists ricoprono un ruolo fondamentale ed è opportuno chiarire le differenze per comprendere il “dietro le quinte” del capitolo “generici”. I Medicinai Chemists si dedicano alla sintesi  di composti appropriati ( da un punto di vista quantitativo si tratta, come già detto, di mg/g ) seguendo una valutazione biologica e applicata su modelli animali che possano in seguito essere tradotti in un farmaco sicuro ed efficace. Ai Process Chemists invece tocca l’onere di mettere in pratica quest’ultimo passaggio dal momento che sono coloro con le maggiori competenze per lavorare attorno a quei reattori. 


Trasferire quanto prodotto in laboratorio dal Medicinal Chemists ad un impianto pilota (ovviamente una scala ridotta dell’intero impianto di produzione) è tutto fuorché uno scherzo dal momento che occorre perfezionare tutti quegli elementi che sono alla base dell’iniziale processo di sintesi dell’API quali: formule e pesi molecolari, rese, materie prime, temperatura, solventi, reagenti, impurezze da rimuovere ecc. passando dalla produzione nell’ordine di milligrammi o grammi ai kilogrammi o ai quintali cosa che accade molto più raramente di quanto si sia abituati a pensare. Perché?…Semplicemente per il motivo che dietro a tutto ciò che in laboratorio filava tutto liscio può manifestarsi un’incognita non prevista ed inciampare in un intoppo (sette/otto volte su dieci) è questione di un nonnulla.

E questa consapevolezza rappresenta il motivo per cui a volte emergano tra le due categorie delle più che ovvie “divergenze”.

Il fine ultimo resta comunque l’acquisizione di un buon rendimento unito alla migliore riproducibilità possibile del processo mantenendo i massimi criteri di sicurezza, affidabilità e benefici economici.

Insomma, un insieme di passaggi non scontati  soprattutto quando si parla di brevetti…brevetti scaduti.


Già!!! Perchè esaminando il brevetto, quanto prodotto dai Medicinal Chemists che hanno lavorato sul farmaco originatore ossia la sintesi su piccola scala vien fuori e non sarebbe adeguato iniziare a produrre a manetta da parte di un genericista 

senza un passaggio di tutte le componenti tecnologiche messe a punto dall’impianto dell’originatore a meno di non sviluppare daccapo l’intero processo produttivo. E come scritto nella prima parte del post (https://ilgeneegoista.blogspot.com/2023/10/farmaci-generici-tra-falsi-miti-false.html) la compliance cGMP ossia le Current Good Manufacturing Practices o Pratiche di Buona Fabbricazione è “assicurata” a partire dall'autorizzazione condizionata delle aziende a garantirla e dalle ISPEZIONI (FDA/EMA) con tutti i limiti del caso di cui ho già scritto. Per chi pensasse che in fondo il tutto si traduca in un ammasso di carta, rammento che c’è “carta e carta”.


Siamo sempre lì….la frase “il fine giustifica i mezzi” attribuita a Machiavelli si rispolvera tradotta nel suo significato più becero allorquando il fine è dato dal taglio della spesa farmaceutica mentre il mezzo è rappresentato da qualsiasi cosa sia adatto allo scopo costi quel costi ed “imposto” a livello normativo.

Non a caso la direttiva 2004/27/CE riteneva idonea l’autocertificazione di conformità alle Norme di Buona Fabbricazione

per avere il via libera all’importazione da parte delle Industrie produttrici di API operanti al di fuori dell’Unione Europea (leggasi Cina o India ad esempio) mentre la produzione occidentale di farmaci generici continuava a richiedere un attento monitoraggio attraverso le ispezioni. Come non bastasse nel 2011 venne emanata un’ulteriore direttiva europea secondo la quale l’equivalenza degli standard produttivi rispetto a quelli europei poteva essere garantita da una semplice attestazione rilasciata dalle National Health Authority dei Paesi extra europei. Cribbiolina che tutela della salute pubblica!!!

Quanto alla sola Italia, avete presente la conversione in legge, con le modifiche del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179, recante ulteriori misure urgenti per la CRESCITA del Paese operata durante il Governo Monti che obbligava a mio avviso più che discutibilmente la dicitura del principio attivo in ricetta? Bene!!!…Anzi no! Ah beh già, scordavo la sostenibilità della spesa ;).

Tutto ciò difatti è traducibile in numeri allorquando vien fuori che i farmaci generici con il loro 25% di quota di utilizzo impattano sulla spesa per un 10% non scordando che i farmaci con brevetto scaduto rappresentano un buon 70% del consumo farmaceutico pari al 50% della spesa. Capita l’antifona?


ORDINE DEL GIORNO 

Dati, numeri non back of the envelope, notizie dal mondo della biotecnologia e delle scienze biomediche, riflessioni, bibliografia accredita...