giovedì 31 marzo 2022

PUO’ LA GUERRA FAVORIRE LA SCOPERTA DI FARMACI?


Ho già avuto modo di scrivere, seppur non nei dettagli a riguardo delle forti ripercussioni patite da alcune società chimico farmaceutiche impegnate nella ricerca bio-tecnologica attualmente operanti in Ucraina quali Enamine e Life Chemicals (https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/03/frammenti-di-vita-reale-senza-la_14.html). Ora è giunto il momento di ritornare sull’argomento, per approfondire ciò per cui pare proprio non ci sia molto da riderci su. 

L'invasione russa dell'Ucraina non ha solo sconvolto la vita di milioni di persone, ma sta anche provocando danni irreparabili ad imprese ben lungi dall’essere considerate ad impatto vitale perché, all’apparenza, non in grado di influenzare in quale direzione potrebbe evolvere il conflitto. Sapete com’è no? Se oggi non sei in grado di produrre almeno un’NBCR non rientri nel novero delle maison pret a porter.

Ma del resto, la miopia, pare essere una condizione very very cool e così gli esperti del settore lanciano l’allarme che la scoperta di nuovi farmaci, ad esempio, diventerà ogni giorno sempre più complicata.


Non che la cosa mi sorprenda, ne tanto meno che sia frutto di una considerazione estemporanea degna della miglior Cassandra. Già nel 2018, Duncan B. Judd della società di consulenza Awridian (https://www.awridian.co.uk) aveva sondato il sentiment di vari ricercatori operanti in Ucraina, Lettonia e Francia a proposito del mercato dei composti ad alto rendimento da “screenare” per giungere allo sviluppo di nuovi farmaci (Drug Discov. Today 2019, DOI: 10.1016/j.drudis.2018.10.016). E dopo aver dichiarato: "Non sono sicuro che le persone si rendano conto della vera portata di quella che si rivelerà una gran brutta gatta da pelare” arrivò alla conclusione che le aziende di stanza in Ucraina e Russia come Enamine, Life Chemicals e ChemDiv forniscono (ma ora è più corretto scrivere fornivano) circa l'80% dei composti da “screenare” (screening compounds) nel mondo. 


Per chi è completamente a digiuno dell’argomento e facendola semplice anche se semplice non è, questo che riporto è il cammino che si segue per arrivare alla formulazione di un farmaco (al netto di qualsiasi teoria cospirazionista). Questo procedimento inizia con l’identificazione, attraverso lo screening di diverse librerie di nuovi composti, di quelli biologicamente attivi sia di origine naturale che sintetica e dotati di promettenti proprietà farmacologiche nei confronti delle attività biologiche desiderate e definiti come capostipiti (HIT). L’hit subisce successivamente un processo di perfezionamento e di ottimizzazione che consiste in variazioni strutturali mirate, tramite le quali si cerca di migliorarne le caratteristiche farmacologiche (farmacodinamiche, farmacocinetiche e di sicurezza). Questo processo si articola in almeno 2 fasi: l’“hit to lead” (ove LEAD = prototipo) e successivamente la “lead optimization” che consente l’identificazione del candidato farmaco pronto per la sperimentazione clinica.


Appare quindi estremamente evidente come un accesso ridotto alla consultazione delle librerie di nuovi composti per l’attività di screening  (come abbiamo visto circa l’80% in meno), ritarderà molti progetti per mesi e mesi. Per coloro che ancora sono rimasti al concetto delle sperimentazioni condotte “in vitro” ossia in provetta, ed “in vivo” e cioè su essere vivente, è bene far presente che esistono anche quelle “in silico”. Questa locuzione indica l’attività di poter riprodurre fenomeni di natura chimico biologica, mediante simulazioni matematiche condotte al computer. E non è certo un caso se Jonathan Heal, che guida il team per le sperimentazioni condotte “in silico” da parte di RxCelerate (https://www.rxcelerate.com), una piattaforma dedita alla scoperta ed allo sviluppo di farmaci in outsourcing (al di fuori dell’azienda, all’esterno) con sede nel Regno Unito, affermi che le aziende appena sopra menzionate rappresentino la parte vitale di tutta l’organizzazione dedita alla scoperta di nuovi farmaci.

Cosa tanto più vera se avvalorata dalle sue recenti dichiarazioni in cui, senza mezzi termini si esprimeva dicendo: “Quando abbiamo visto che l'Ucraina è stata invasa, ci siamo subito resi conto che questo avrebbe creato dei seri problemi, tanto è vero che, pur a fronte di un maggior impegno, non siamo più in grado di soddisfare gli ordinativi dei nostri clienti, potendo contare ormai solo più sul 30% dei composti a cui precedentemente avevamo accesso. E le cose non vanno meglio anche per Chemspace.


Tanto è vero che Judd rincara la dose sostenendo che una simile situazione potrebbe causare un ritardo variabile dai 6 ai 12 mesi per lo sviluppo dei progetti finalizzati alla produzione di nuovi farmaci e se anche ben la guerra finisse domani, non è chiaro quanto velocemente le aziende ucraine saranno in grado di riprendere a lavorare a pieno regime o se i clienti vorranno ancora trattare con le aziende russe.


Ma paradossalmente, questa complicata situazione, sempre secondo Jonathan Heal di RxCelerate potrebbe favorire un’accelerazione per lo sviluppo della scoperta di nuovi farmaci. Alla fine dell'anno scorso, i ricercatori che lavoravano con Enamine hanno dimostrato (https://www.nature.com/articles/s41586-021-04220-9) come la ricerca di nuove e fornite librerie virtuali di molecole potenzialmente attive potrebbe effettivamente accelerare questo processo. Per questo motivo si sta lavorando pro-attivamente alla progettazione di nuovi farmaci mediante tecniche computazionali capaci di migliorare le procedure di “virtual screening” testando l’affinità tra ligando e recettore su una serie sempre più ampia e tutta da scoprire di librerie di molecole potenzialmente attive. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere.


domenica 27 marzo 2022

LA RICERCA DEL PUNTO MEDIO PERDUTO.


In un recente post ebbi a scrivere come “a ben guardare, sembrerebbe palese constatare come lo schieramento pro Putin sia andato gradualmente a coincidere con quello ex no-vax con relativi "scontri" comunicazionali, tra le opposte posizioni”. Condivisibile?…non lo so, ma di certo non sono stato l’unico ad aver notato la coincidenza. Ma ho anche aggiunto: “… se non fosse che stiamo scrivendo del prodotto di un messaggio sempre più volutamente scalcagnato, impreciso, volutamente confuso ed allarmista che, a seconda delle parti, ha come target una funzionale “echo chamber” e per cui alla propaganda di sistema si contrappone quella anti-sistema”. 


Eppure non dovrebbe essere complicato capire che tra “Ah! Vaccini assassini” e “Vaccini nostro pane quotidiano” (non mi risulta che al mattino ci sia la fila di chi non vede l’ora di andare a farsi un bel vaccino in luogo del solito caffè, latte macchiato o cappuccino) le sfumature su cui posare l’occhio non sono certamente poche. Le stesse “sfumature” a cui dovremmo guardare ragionando sul conflitto Russia-Ucraina ( al di là di evidenti crimini da condannare  per mera ovvietà ). Eh si, perché non è sempre cosi ovvio e semplice da spiegare il mondo reale come appare e spesso, quando lo si fa, può anche far male. E non tutto è così vero (o falso). Volete un esempio cult? Da ragazzino fui affascinato come molti miei coetanei da un film che raramente credo di aver rivisto in televisione. Il titolo era “I Guerrieri della notte” per la regia di Walter Hill. Ad una visione superficiale il film poteva rappresentare la “solita” lotta tra gang in una New York di fine anni 70. Ma la trama è tutt’altra. Cyus, un capobanda molto amato dai giovani newyorkesi dell’epoca viene ucciso poco prima dell’inizio di un mega-raduno di gangs. “Ovviamente” qualcuno fa circolare la voce che gli assassini sarebbero stati  gli Warriors, una banda che si trovava dalla parte opposta della città. Da qui, la sceneggiatura si dipana tra una feroce caccia all’uomo portata avanti dalle variopinte bande di stanza in altri quartieri ed il ritorno a casa degli innocenti Warriors, in una macabra atmosfera scandita dalla cronaca della radio illegale che segue passo passo la gang, in un tripudio di eccentriche “divise” delle numerose gangs newyorchesi.

Quando al regista fu chiesto da dove avesse tratto ispirazione per il suo film, egli rispose semplicemente di aver riscritto in chiave moderna l’Anabasi di Senofonte (googolando a dovere, è facile reperire tutta la narrazione). 


Eh no! Non è sempre tutto cosi ovvio e semplice come appare e, dall’empietà più assoluta alla santità beatificata attraverso i media è un attimo, come saltellare tra le caselle del Monopoli passando dal Via, dove per Via leggasi Verità. Che poi è come dire che 1+1 è sempre uguale a 2. Mica vero sa? Anche lì, dipende dal tipo di algebra a cui si guarda. Che si parli di scienza o di storia o di attualità, la solfa è sempre la stessa e ti saluto Punto Medio. Finiamola di rompere gli zebedei con queste "scienze perfettissime, queste “ricostruzioni storiche” veritiere a prescindere, ma che ti tirano per la giacca sino a farti barcollare, per portarti a destra o a manca a seconda di chi le propina. Finiamola di riempire la bocca di certezze di cui non si comprende un’emerita mazza. Basta! Alt! Stop!


Ed allora perché non rinunciare al concetto di Verità? Che se poi ci pensate bene, un aiutino a ragionare alla ricerca di quell’ormai perduto Punto Medio, ce lo potrebbe anche dare pur essendo in possesso di un limitato asset di argomenti cui fare appoggio, del tipo linguaggio binario dove più che 0 ed 1 non abbiamo. Del resto come possiamo attribuire la verità alle affermazioni fatte dalla scienza, dalla religione o dalla politica? Se non ricordo male il messaggio più noto del pensiero di Popper (noto filosofo / epistemologo) si traduce nell’osservazione che una teoria (scientifica per esempio, ma non necessariamente) deve essere falsificabile. Miiii…stai a vedere che adesso più di un “fenomeno”, corroborato da una tale inaspettata conferma, si produrrà nello sbandierare l’uguglianza: fake news = falsificazione (popperiana), concorrendo così per aggiudicarsi il Premio speciale della Giuria “Come Capire un Tubo”. Eheh…no, le cose non stanno proprio così dal momento che per falsificazione si intende la caratteristica di una teoria di poter essere confutata e quindi di “portare a teorie sempre più grandi e complesse in grado di spiegare un maggior numero di fenomeni e fornire gli strumenti per il loro controllo” (https://www.academia.edu/17823068/Falsificazioni_e_progresso_scientifico_Popper_scettico_ottimista).


Ecco quindi che l’occhio mi scappa sulle affermazioni di “oggi”, che per certi versi sono assai simili a quelli di un anno fa. Gridare a squarciagola che Putin sia “efferatissimo”, “crudelissimo”, “disturbatissimo” mentre Zelensky si dimostra “buonissimo”, “coraggiosissimo” e “correttissimo” così come i vaccini siano “buonissimi”, “efficientissimi” e “sicurissimi” oppure catapultandosi sulla riva opposta, per cui siano “pericolosissimi”, “velenosissimi”, “insidiosissimi” non risultano, seguendo il criterio suggerito da Popper, dichiarazioni a cui poter riconoscere una valenza “scientifica” atta a decretarne una universale veridicità. 


Varrebbe forse la pena fare tutti un passo indietro, accantonare tutto ciò che suona come categorico, assolutistico e pregno di certezze, perché il rischio è quello di mandare ancora una volta a fa****o la ricerca del Punto Medio, giocando come i “Guerrieri” a fare la guerra con il rischio, a differenza del film, di perdere tutti quanti e ritrovarci al punto da cui siamo partiti.


mercoledì 23 marzo 2022

UNA “CLEARINGHOUSE” PER BIG PHARMA MA IN POCHI SANNO COSA SIA


Il Medicines Patent Pool (MPP) ha annunciato di aver firmato accordi con 35 aziende per la produzione della versione generica del trattamento orale COVID-19 di Pfizer, nirmatrelvir, che in combinazione con una bassa dose di ritonavir rappresentano i principi attivi dell’antivirale Paxlovid per garantire la fornitura dall'Asia al Medio Oriente fino all'Europa orientale e ai Caraibi, a 95 Paesi a basso e medio reddito. Si tratta di accordi in sublicenza, che concretizzano il risultato dell'accordo di licenza volontario firmato da MPP e Pfizer nel novembre 2021 che consentirà di fornire i medicinali a paesi che comprendono circa il 53% della popolazione mondiale.


Ecco quindi che l’MPP una sorta di entità di cui poco si scrive, ma su cui potrete leggere maggiori ragguagli qui: https://medicinespatentpool.org, rappresenta una sorta di clearinghouse o “camera di compensazione” nei confronti di Big Pharma (che al contrario furoreggia sulle note del classico leit-motiv “complotto…complotto”, colonna sonora di quell’appena appena scadente trash movie “I media mainstream servi di Big Pharma” di cui francamente si è detto e scritto a sufficienza).


Charles Gore, direttore esecutivo dell'MPP ricorda che si sta parlando di un'organizzazione per la salute pubblica sostenuta dalle Nazioni Unite che lavora per incrementare e garantire l'accesso ai farmaci salvavita a quei Paesi che, appunto, sono considerati a reddito medio-basso e ad un costo decisamente contenuto. Intervistato aggiunge che: “praticamente tutte le aziende coinvolte nel progetto, se da un lato non sono state favorite per la produzione dei vaccini, ora possono far conto su di un arsenale terapeutico fondamentale per salvare vite umane”.


Delle 35 aziende, sei produrranno i vari componenti del farmaco, nove garantiranno il prodotto finito e le restanti 20 faranno entrambe le cose. 

Per i soliti del “ sì, vabbè ma…” preciso che non si tratta di un caso isolato, dal momento che l’accordo è avvenuto tre settimane dopo che Merck e Ridgeback Biotherapeutics hanno stipulato un accordo simile con l'MPP per il loro antivirale orale molnupiravir.


https://www.fiercepharma.com/pharma/pfizers-deal-medicines-patent-pool-includes-35-companies-12-countries-produce-generic


mercoledì 16 marzo 2022

ACCOSTAMENTI SEMISERI TRA LE PASTIGLIE PER LAVASTOVIGLIE ED I MISCUGLI MISTERIOSI DI H. POTTER ED HERMIONE.



Una delle prime gatte da pelare in cucina, oltre che cucinare (ovviamente) è: cosa utilizzo per lavare i piatti ottenendo un decoroso risultato, senza compromettere la funzionalità della lavastoviglie? Tradotto, ne ho fin sopra i capelli di suggerimenti che ti dicono: Ahh!…se solo avesse usato…(e da qui in avanti l’elenco è ampliabile a piacere), per poi dover metter mano al portafoglio. Di detersivi per lavastoviglie se ne trovano ovunque, e di varia tipologia pure. Ma, a quanto pare, lavare accuratamente le stoviglie può diventare una cosa complicata. E quindi ho deciso di approfondire.

L’acqua che viene utilizzata dalla lavastoviglie contiene livelli moderatamente elevati di calcio e magnesio, minerali in grado di interferire con la capacità pulente dei vari detersivi, pregiudicando quindi la performance dell’elettrodomestico con il risultato di ritrovarsi, a volte, con piatti, bicchieri e posate opachi, macchiati se non addirittura incrostati.

Googolando a manetta ho scoperto alcune casette interessanti. Per esempio, al primo posto tra i cinque migliori detersivi per lavastoviglie, vengono recensite le pastiglie Cascade Platinum ActionPacs, prodotte dalla P&G (Procter & Gamble) ma in Italia, almeno che io sappia, reperibili solo su Amazon (https://it.culture-today.com/7922147-the-5-best-dishwasher-detergents-of-2019). Ho allora chiesto lumi ad un collega che lavora oltre oceano, avvezzo più per necessità che per virtù alle faccende domestiche e da lunga data accanito fruitore dei detersivi per lavastoviglie a marchio Cascade. Ebbene, senza nemmeno pensarci un secondo, non solo mi ha confermato quanto avevo letto, ma mi ha anche caldamente consigliato, nel caso avessi voluto utilizzare tale prodotto, di optare in luogo della gamma Complete, a suo dire di media capacità pulente, per, appunto, la più elaborata (e più costosa) versione Platinum.


Analisi? Ed analisi è stata, anche se al tempo ignoravo che mi sarei imbattuto in una sorta di “mistero” Le pastiglie di questo tipo di detersivo, dette anche pods, sono costituite da ingredienti sia in forma secca che liquida separati da una pellicola idrosolubile. Quelle della gamma Platinum vantano rispetto a quelle della gamma Complete, un maggiore potere pulente (il 50% in più) oltre ad amalgamare ai vari ingredienti anche un misterioso liquido viola.

I test domestici ottenuti sempre dalla libreria della web sfera, mi confermavano come le pastiglie Platinum avessero dimostrato risultati migliori

non solo pulendo efficacemente i piatti, ma anche eliminando l'accumulo di sporco all'interno della lavastoviglie, conditio sine qua non dell’intero impianto di questo articolo ameno.

Ma i conti non mi tornavano. Perché?…Semplicemente perché gli ingredienti dei due prodotti sono praticamente identici. Quindi, che cosa determina questo decantato aumento delle prestazioni?

E qui subentrano le famose “vie traverse”, grazie alle quali, pur proponendo il quesito direttamente alla stessa Procter & Gamble, la risposta non è mai stata soddisfatta.


Lungi dal farmi prendere da un irrisorio “scoramento”, l’analisi è proseguita. L'ispezione, l’analisi e la riduzione in composti  delle pastiglie non hanno mostrato evidenti differenze. Ma…(ehehehe c’è sempre un ma) una minuscola scritta sulla confezione mi ha rivelato un indizio:

La maggiore capacità pulente della versione Platinum, rispetto alla più modesta versione Complete potrebbe essere dovuta alla % di ingredienti impiegati, ma è qui che nascono le curiosità. Infatti, ad una attenta analisi, le pastiglie della confezione Cascade Platinum ActionPacs, pesano ciascuna, all’incirca 1g. in più delle “cugine povere” Complete, ma il peso della componente secca/solida è uguale. Questo potrebbe suggerire, ma restiamo sempre nel campo dell’ipotesi, che la % in più del peso sia da attribuirsi ad una maggiore quantità di componenti liquidi. Rammentate il famoso quanto “misterioso” liquido viola di metà articolo?


Bene, le ipotesi sono come sempre più di una ed incrementabili anche a suon di fantasia. E così passo dalla semplice constatazione che alla fin dei conti questo fantomatico liquido viola, non sia poi così speciale ma che altro non possa essere che la % in più dei detergenti aggiunti per migliorare le prestazioni del prodotto. Ma, tanto per riderci su, non è escluso che le lavastoviglie in genere, abbiano un debole per il colore viola. ;) ad uso e consumo di qualsiasi babbano che si rispetti.


Per chi non lo sapesse, Procter & Gamble (P&G) è una società statunitense di beni di consumo con un portafoglio di marchi molto ricco tra cui Always®, Ambi Pur®, Ariel®, Bounty®, Charmin®, Crest®, Dawn®, Downy®, Fairy®, Febreze ®, Gain®, Gillette®, Head & Shoulders®, Lenor®, Olay®, Oral-B®, Pampers®, Pantene®, SK-II®, Tide®, Vicks® e Whisper®, con sede a Cincinnati.

 

lunedì 14 marzo 2022

FRAMMENTI DI “VITA” REALE SENZA LA PRESUNZIONE DI “VOLER CAMBIARE LA STORIA PER MIGLIORARE IL PRESENTE”.


Il film “Bastardi senza gloria”, mi insegnò come molte volte la Storia non piaccia, e che, grazie ad una abile regia, si può proporre un modo in cui alcuni eventi avrebbero potuto andare diversamente, magari sovvertendo il finale ( lo aveva già scritto anche Nietzsche del resto ). In questo caso la Storia è ancora tutta da scrivere, ma la genesi no, e ciascuno la legge come gli pare, esaltando od omettendo gli aspetti più ripugnanti. (purtroppo, al contrario del film, non potendo modificare gli accadimenti). A beneficio di chi, in stile ciclostile, dispensa commenti che trasudano un incomprensibile astio, stizza, arroganza farciti da una presunzione tipica del più egocentrico narcisista convinto sostenitore del proprio status, dove per status leggasi “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso di lui e il Verbo era lui”, riporto qui situazioni, esperienze di vita reale, verificabili, su alcune dinamiche in essere e su cui magari riflettere, senza velleità di suggerire come migliorare il presente e senza avventurarmi in alcun tipo di analisi geopolitiche sulle cause, pro/contro che siano, vista la complessità della narrazione storica, riguardante anche il versante Occidentale. Una buona occasione, insomma, per ribadire, ancora una volta, no grazie! Nessun commento, nessuna analisi in merito, il clima mi sembra già cosi sufficientemente “caldo” e “schierato”.


Da quando le forze russe hanno invaso l'Ucraina il 24 febbraio, si è subito registrata da parte della comunità scientifica, un'ondata di preoccupazione per i residenti in Ucraina. Molti ricercatori residenti all’estero, ma con stretti legami con l'Ucraina, come la dottoranda della Keele University Valentyna Slyusarchuk, non ha avuto remore nel “confessare” di essersi buttata a capofitto nel lavoro, nel tentativo di allontanare inevitabili pesanti pensieri di morte. Prendere il primo autobus disponibile al mattino per recarsi al lavoro, rientrando a casa il più tardi possibile, le ha permesso, per quanto possibile, di avere un qualche cosa su cui concentrarsi.

Contestualmente, Donna Huryn dell'Università di Pittsburgh, che in Ucraina ha tutta la famiglia, in una intervista ha dichiarato: “Gli ucraini sono molto orgogliosi della loro eredità ed identità”. Sono riusciti a conservare la loro cultura e religione, nonostante siano stati sotto il dominio sovietico per così tanti anni ed ascoltare persone affermare che l'Ucraina non è un Paese è irritante". 

In ogni caso la comunità scientifica ha immediatamente offerto finanziamenti per la ricerca, aree per i laboratori ed alloggi ai ricercatori fuggiti dall'Ucraina. No! Non si tratta, delle solite parole di circostanza, figlie di quelle che vengono considerate le false comunicazioni della propaganda Occidentale. E per gli scettici di professione, indico che queste risorse sono raccolte in fogli di calcolo online (https://docs.google.com/spreadsheets/d/1HqTKukfJGpmowQnSh4CoFn3T6HXcNS1T1pK-Xx9CknQ/edit#gid=320641758) e su una mappa sul sito Web di Science for Ukraine (https://scienceforukraine.eu).


Enamine è una delle numerose aziende con sede a Kiev, “colpite” dal conflitto, impegnata nella sintesi di prodotti chimici di base come insiemi (vaste librerie) e nello screening di tali librerie per singoli composti a beneficio dei produttori di farmaci di tutto il mondo. Più recentemente (2020) è entrata a  far parte integrante nel progetto COVID Moonshot, un consorzio senza scopo di lucro aperto agli scienziati di tutto il mondo con l’obiettivo di sviluppare un farmaco antivirale orale non brevettato per il trattamento della SARS-CoV-2. Società di questo tipo hanno iniziato a fiorire in Ucraina e Russia dopo la caduta dell'Unione Sovietica, quando i chimici che lavoravano per lo Stato sono stati praticamente costretti a rivolgersi al settore privato, per trovare nuove opportunità di lavoro e di ricerca.

Ebbene, Ed Griffen, co-fondatore della MedChemica con sede nel Regno Unito nonché team leader del progetto COVID Moonshot, aveva concordato una possibile visita alla Enamine a Kiev e in un'e-mail ha dichiarato come l’azienda fosse stata sempre puntuale nel portare a termine i vari progetti intrapresi. “Ovviamente siamo tutti estremamente preoccupati per i nostri partners a Kiev ma li sosterremo in ogni modo, così come loro hanno sempre sostenuto ed aiutato noi”.

Dal 28 febbraio, C&EN (Chemical & Engineering News, un periodico settimanale a pagamento pubblicato dalla ACS, che propone informazioni tecniche e professionali nel campo della chimica e dell'ingegneria chimica), ha mantenuto, attraverso l’utilizzo di tutte le piattaforme possibili e disponibili, strettissimi rapporti con Ivan Kondratov, Principal Scientist Medicinal Chemistry di Enamine. Kondratov, pur continuando a svolgere le proprie mansioni lavorative non ha lesinato di fornire informazioni. Lui e la sua famiglia, quando sono iniziati gli attacchi russi, si trovavano nell'Ucraina Occidentale, e ciò gli ha permesso, finora, di sfuggire al peggio. Kondratov continua a coordinare i vari progetti cercando di garantire anche la sicurezza dei propri colleghi, pur trovandosi ad una certa distanza.

Egli ha dichiarato che: È impossibile fare qualcosa quando sai che l'allarme antiaereo può suonare in qualsiasi momento. Ovviamente la priorità è garantire la sicurezza, pertanto tutti i solventi e i materiali infiammabili sono stati nascosti o rimossi”.


Un'altra società chimico-farmaceutica che ha subito forti ripercussioni è stata la Life Chemicals. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, l’azienda che attualmente conta su 120 effettivi, la metà dei quali chimici, ha chiuso sia gli uffici che il sito di produzione a Kiev, nella speranza di riaprire il 28 febbraio. Ma come sottolineato da Vasily Pinchuk, vicepresidente vendite e marketing dell'azienda, ucraino di nascita ma con residenza in Canada: "Non è ciò che avvenuto, ed in questo momento è molto difficile dire quando ciò accadrà. Fortunatamente stiamo ricevendo molto supporto dai nostri clienti, che, come noi, sperano che le cose tornino alla normalità il prima possibile”.

Sia Kondratov che Pinchuk, hanno altresì confermato come molti dei loro dipendenti abbiano lasciato Kiev per rifugiarsi nelle campagne limitrofe mentre altri si sono spostati nella parte occidentale del Paese.


Sebbene siano state imposte sanzioni economiche alla Russia, sono molto forti le pressioni che chiedono agli scienziati sovietici di porre fine anche alle collaborazioni con la Russia. Molti leaders del settore biotecnologico si sono già impegnati nel troncare qualsiasi attività economica con le imprese russe (https://medium.com/@BusinessLeadersForUkraine/call-for-business-leaders-to-economically-disengage-from-russian-industry-5e0352f89f5a). Alinda Chemical, Aronis e InterBioScreen Ltd. sono società con sede in Russia che, come Enamine e Life Chemicals, forniscono ampio supporto all'industria farmaceutica.

C&EN ha tentato di chiedere a queste tre Società cosa ne pensassero di un eventuale boicottaggio nei loro confronti, senza tuttavia ottenere alcuna risposta. Idem contattando  la ChemDiv e la ChemBridge, due società di servizi farmaceutici con sede a San Diego, attualmente impegnate in onerose operazioni di collaborazione in Russia.

Attualmente, L'Alleanza delle Organizzazioni Scientifiche in Germania ha interrotto tutte le collaborazioni con gli scienziati russi. Una dichiarazione del 25 febbraio del gruppo ribadisce che "L'Alleanza è consapevole delle conseguenze di queste misure ma allo stesso tempo, in nome della scienza, le deplora profondamente " (https://www.dfg.de/download/pdf/dfg_im_profil/allianz/220225_statement_allianz_ukraine_en.pdf).

Nulla di strano quindi se uno dei membri dell’Alleanza, il German Academic Exchange Service (DAAD), abbia sospeso tutti i finanziamenti atti a favorire gli interscambi accademici tra Germania e Russia, pur dichiarando in una nota a firma di Joybrato Mukherjee, che: "Sappiamo come questo provvedimento possa creare anche ingiustizie, colpendo numerosi accademici e studenti impegnati a favorire condizioni pacifiche e atti costituzionali, per sviluppare relazioni di buon vicinato. Siamo consapevoli che molti dei nostri amici russi e delle nostre istituzioni partner russe respingono l’invasione dell’Ucraina dal profondo del loro cuore  ma allo stesso tempo, con lo spettro della guerra che incombe, riteniamo indispensabile rivedere criticamente le modalità con cui sviluppare le relazioni di scambio con la Russia”. (https://www.daad.de/en/the-daad/communication-publications/press/press_releases/einschraenkung-austausch-russland/).

Ovviamente sia Kondratov di Enamine sia Pinchuk di Life Chemicals sono favorevoli a tali azioni e sono fautori di una totale interruzione di ogni contatto e collaborazione scientifica. Le parole di Kondratov sono al riguardo piuttosto chiare: ”È davvero importante garantire l'intero isolamento della Russia dal resto del mondo, aggiungendo come l’intera comunità scientifica dovrebbe dimostrarsi solidale contro la Russia”. 


IMHO, sebbene diversi scienziati russi che collaborano con C&EN si siano anche espressi per accettare tali iniziative, non si dovrebbe dimenticare come queste costituiscano provvedimenti con una visione a breve termine per la risoluzione del conflitto, mentre non si dovrebbe dimenticare l’impatto che tali risoluzioni possono determinare a lungo termine sull’intero comparto della scienza russa ed in particolare modo sul futuro dei ricercatori più giovani. Ma tant’è, pare proprio che il fiorire di sempre più numerosi social serial weeper, favoriscano un accantonamento di una banalissima, quanto auspicabile ragionevole visione d’insieme nel lungo periodo. Insomma, nihil sub sole novum. 

Ed ecco che ora, a giochi ormai fatti, le parole del chimico dell'Università Statale di Mosca Alexei Khokhlov, non suonano affatto stonate, ma come sempre, a molti non piacendo, meglio far orecchie da mercante. “Proprio non riesco a capire come lo stop alle collaborazioni scientifiche possa essere d’aiuto in una situazione come quella attuale”. Certamente non sarà facile, ma, molto lucidamente spiega anche quella che in futuro dovrà essere necessariamente quella che lui definisce la sua missione. Aiutare gli scienziati più giovani che non hanno maturato abbastanza esperienza ad adattarsi ai cambiamenti in corso ed a incoraggiarli e supportarli nel continuare una carriera scientifica di successo. Possiamo dargli torto? Anche quando, pur essendo tutt’altro che accecato dall’utopia, si impegna ad esercitare ogni sforzo possibile per ripristinare le ormai compromesse collaborazioni scientifiche internazionali.


Ma ritornando alla narrazione di quanto si stia facendo in questo ambito, è utile ricordare In numerose lettere aperte, scienziati e giornalisti scientifici in Russia e nella diaspora russa, invitino il Paese a fermare l'invasione: “Chiediamo rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale dello stato ucraino. Chiediamo pace per i nostri paesi” (https://docs.google.com/document/d/16kHjs3nwWM4Qb_c0OAZbNb6cH74cwaWDvuOzi7gzwXs/mobilebasic).

E qui terminano le dichiarazioni, le prese di posizione ufficiali, gli auspici. Ad ognuno le proprie opinioni.


giovedì 10 marzo 2022

FISCHI PER FIASCHI


 Per l’ennesima volta sembrerebbe proprio che in quanto ad allarmismi Covid-dipendenti, non ci si sia lasciata sfuggire un’altra buona occasione per “prendere fischi per fiaschi”. Eric Topol (uno dei primi 10 ricercatori più citati in ambito medico, nonche’ Professore di Medicina molecolare e vicepresidente esecutivo di Scripps Research - La Jolla in California) afferma nell’articolo pubblicato su Nature (https://www.nature.com/articles/d41586-022-00558-w?utm_source=Nature%20Briefing&utm_campaign=ba9503ec4f-briefing-dy-20220301&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-ba9503ec4f-44112225&fbclid=IwAR1y_iNSeyNPzaM_LlbDJICjQtBPngQxvB5WfdMNGDnpiUgd639zMWmcR2o) come le evidenze indichino che si può restare tranquilli. “ Instead of thinking that [BA.2] is the new bad variant, I think we can put that aside. I see it as not a worry,” tradotto “Invece di pensare che [BA.2] rappresenti una nuova variante dagli effetti allarmanti, ritengo che tale eventualità possa essere accantonata. Insomma non sono preoccupato”.

Nell’ambito del medesimo articolo, Troels Lillebaek, un epidemiologo molecolare che lavora presso lo State Serum Institute di Copenaghen aggiunge inoltre che in base alle osservazioni disponibili, si può far conto su una ulteriore buona notizia: i vaccini conferiscono una buona protezione anche contro Omicron, incluso la BA.2. Per cui, Aloha “nuova pandemia”. 


venerdì 4 marzo 2022

LA SVOLTA GREEN DELL’INDUSTRIA MARITTIMA


Il trasporto di merci via mare è una delle cause principali del significativo incremento delle emissioni globali di carbonio. Prendendo spunto, allusivamente, da quel motivetto che tanto ingenuamente fu caro all’esercito francese “Un quart d’heure avant sa mort Il était encore en vieche”, non ho difficoltà alcuna nello scrivere che l'impatto sul clima da parte del trasporto marittimo potrebbe essere drasticamente ridotto grazie al passaggio dai tradizionali combustibili a base di petrolio a combustibili alternativi a basse emissioni di carbonio. 

All’incirca centomila navi di grandi dimensioni solcano ogni giorno gli oceani del mondo, trasportando l'80-90% dell’intero asset commerciale internazionale. La maggior parte di queste navi è azionata da motori che bruciano olio combustibile pesante (HFO), un prodotto di scarto della raffinazione del greggio. La combustione di questo carburante rilascia tonnellate di particolato e rappresenta circa il 3% delle emissioni globali di gas serra. Le grandi organizzazioni multinazionali mirano a ridurre del 50% le emissioni prodotte dai trasporti marittimi nei prossimi anni, ma il percorso per decarbonizzare il trasporto marittimo (il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti energetiche - un processo volto a ridurre la quantità di anidride carbonica (C02) nell'atmosfera - che può risultare molto dannosa quando supera un determinato livello di concentrazione) non è chiaro. Gli esperti stanno valutando vari metodi per “filtrare” le emissioni delle navi e stanno anche prendendo in considerazione combustibili alternativi, tra cui gas naturale liquefatto, idrogeno, ammoniaca e metanolo. Come spesso accade però tutti presentano vantaggi e svantaggi in termini di emissioni, sicurezza, fattibilità e costi. Vediamo più in dettaglio questo aspetto.


Gas naturale liquefatto (LNG): è il primo della lista tra i combustibili non tradizionali attualmente utilizzati dalle navi commerciali, comprese alcune grandi navi porta-container. Il numero di navi alimentate a LNG è costantemente aumentato nell'ultimo decennio passando da alcune decine ad alcune centinaia. L’ LNG è una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano (90-99%). Altri componenti secondari sono l'etano, il propano ed il butano.

I produttori lo ottengono sottoponendo il gas naturale, a un processo di liquefazione a una temperatura di circa - 162 °C che consente la riduzione del volume del gas di circa 600 volte in modo che possa essere conservato in contenitori non pressurizzati.

Sono almeno due le motivazioni che renderebbero l’LNG migliore rispetto all'HFO. la prima è che il passaggio da HFO ad LNG potrebbe ridurre le emissioni di sostanze acidificanti quali l’ossido di zolfo (SOx) del 99%, l’ossido di azoto (NOx) dell'80% e le emissioni di CO2 fino al 20%. La seconda è il dato di fatto che l’LNG produce anche relativamente poco particolato. Dall’altro canto uno svantaggio importante dell’LNG è che è costituito principalmente da metano, che ha, secondo alcune stime, un potenziale di riscaldamento globale molto più elevato della CO2, (86 volte >). Per questo motivo, anche piccole perdite di gas durante la produzione, il rifornimento o l’impiego, potrebbero comportare un aumento relativo delle emissioni di gas serra.

A tutto ciò si sommano anche altri svantaggi, quali il grande investimento di capitale richiesto per  produrre motori compatibili per il suo utilizzo, nuovi serbatoi di carburante e nuove infrastrutture per far fronte a quello che in gergo viene definito bunkeraggio, ossia il rifornimento a mezzo di motocisterne del combustibile necessario alla propulsione ed ai consumi di bordo delle navi. 


Metanolo: in uno studio, Joanne Ellis e Martin Svanberg della SSPA Sweden, un centro che offre un'ampia gamma di servizi marittimi, tra cui la progettazione navale, l'ottimizzazione energetica, la conduzione di studi sulle infrastrutture marittime insieme alle valutazioni del rischio ambientale e dei criteri di sicurezza, insieme ai colleghi della Luleå University of Technology, hanno indicato il metanolo rinnovabile come carburante alternativo (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1364032118304945?via%3Dihub).

Il metanolo si ottiene utilizzando la CO2 catturata da fonti rinnovabili e l’idrogeno verde, cioè l’idrogeno prodotto con elettricità rinnovabile ma può anche essere prodotto a partire dalla biomassa. Le principali potenziali materie prime sostenibili da biomassa includono: rifiuti e sottoprodotti forestali e agricoli, biogas dalle discariche, acque reflue, rifiuti solidi urbani e black liquor dall’industria della pasta di legno e della carta e scarti dell’allevamento e del pollame.

Ellis suggerisce come il passaggio al metanolo potrebbe ridurre le emissioni e ridurre significativamente l’impatto ambientale e questo anche in virtù del fatto che Il metanolo offre alcuni vantaggi rispetto ad altri combustibili alternativi. Per esempio trattandosi di un liquido che viene immagazzinato, trasportato e utilizzato a temperatura ambiente, risulta più facilmente utilizzabile. Anche per il metanolo, comunque, sono da mettere in conto notevoli investimenti finanziari.


Idrogeno: questo è spesso pubblicizzato come un combustibile pulito perché l'acqua è il suo unico prodotto di combustione. Tuttavia, il modo in cui viene prodotto il carburante, influisce notevolmente sulla sua ecocompatibilità. Selma Atilhan e Mahmoud M. El-Halwagi della Texas A&M University hanno studiato l’impiego dell'idrogeno come carburante per le spedizioni, valutando l'impatto ambientale del carburante in funzione di come questo viene prodotto. Il team in questione ha classificato l'idrogeno in tre modi.

L’idrogeno grigio che viene prodotto a partire da fonti energetiche fossili, principalmente attraverso il cosiddetto steam reforming (reazione di reforming con vapore). In questo caso l’idrogeno è ricavato dal gas naturale o dalla gassificazione del carbone e attraverso un processo di conversione termochimica che però produce anche CO2. Qualitativamente è il peggiore ma quantitativamente rappresenta circa il 95% dell’idrogeno prodotto a livello mondiale.

L’idrogeno blu che, almeno nella prima fase, si ottiene con un processo analogo a quello dell’idrogeno grigio, è ricavato da fonti fossili tramite pirolisi; anche qui si produce CO2, che però viene catturata e stoccata nel sottosuolo oppure trasformata come materia prima. La definizione “blu” indica che questo tipo di idrogeno sia più rispettoso del clima, grazie all’assenza di emissioni dannose. Si parla di una de-carbonizzazione al 90%, ma come vedremo subito dopo si può fare di meglio.

L’idrogeno verde che invece è prodotto a partire da un processo chiamato elettrolisi ad alta temperatura in cui le molecole d’acqua ricevono energia (derivante da fonti rinnovabili come fotovoltaico o eolico) che spezza i legami ottenendo idrogeno e ossigeno. Come nello steam reforming, il metano serve come materiale di base ma la sua pirolisi non produce anidride carbonica come sottoprodotto oltre all’idrogeno, bensì carbonio solido. Questo tipo di Idrogeno è classificato come il più pulito che perché completamente de-carbonizzato dal momento che per la sua produzione non viene immessa alcuna quantità CO2 nell’atmosfera.

L'analisi ha portato i ricercatori del Texas A&M a concludere che l'idrogeno liquido è la scelta migliore per ridurre sostanzialmente le emissioni di carbonio, ma il carburante deve essere ecologico.


Celle a Combustibile: a Southampton, Turnock ed i colleghi Charles J. McKinlay e Dominic A. Hudson, ingegneri marittimi, hanno condotto un'analisi dettagliata sull’ idrogeno, l’ammoniaca, il metanolo e altri combustibili. Il team ha scoperto che, sebbene questi composti possano essere bruciati nei comuni motori a combustione interna, il loro impiego nelle celle a combustibile sarebbe in grado di produrre una maggiore quantità di energia e di fornirebbe il potenziale per generare elettricità senza emissioni.

La domanda che sorge dunque spontanea è se le celle a combustibile potrebbero essere impiegate per alimentare, ad esempio, una grande nave porta-container. Thomas T. Petersen, un manager della Ballard Power Systems Europe, un importante produttore di celle a combustibile, risponde in questo modo: “Il problema non è la tecnologia, ma l'infrastruttura di approvvigionamento. Ci vorrà ancora del tempo prima che si sia in grado di produrne una quantità sufficiente per rifornire una grande nave porta-container”. Ricordo inoltre che l'utilizzo delle celle a combustibile richiede navi con sistemi di propulsione elettrica e che queste sono assolutamente meno comuni rispetto alle navi con motore a combustione interna. La maggior parte delle navi a propulsione elettrica, ricavano la propria energia da batterie agli ioni di litio, che, a causa delle loro dimensioni, peso ed esigenze di ricarica parrebbero non essere adatte per spedizioni a lunga distanza. Quanto ai combustibili utilizzabili con le celle a combustibile, l'ammoniaca presenta alcuni vantaggi: è un materiale privo di carbonio, può essere comodamente conservato e utilizzato come liquido in condizioni miti e soprattutto non è infiammabile. Ma come sottolinea McKinlay nella sua analisi, l'ammoniaca non è propriamente innocua. D fatti può dar vita a NOx e particolato che notoriamente è altamente tossico e corrosivo.

Lo studio svolto a Southampton ha anche evidenziato che nonostante si pensi che immagazzinare quantità sufficienti di Idrogeno come carburante a bordo delle navi occuperebbe troppo spazio, a svantaggio del carico, questa invece potrebbe essere una opzione assolutamente praticabile. Con questa osservazione, lo studio conclude che l'idrogeno rappresenti il candidato da preferirsi tra i vari combustibili, per supportare il trasporto marittimo futuro su larga scala ed a emissioni zero (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0360319921022175?via%3Dihub).


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