lunedì 9 settembre 2024

TRA METEO, CLIMA, PERE E MELE.

 


Quanti sono i fattori che influenzano il nostro clima? Tanti, direi sin troppi, a tal punto che facciamo una fatica immane per dare un senso alle montagne di dati che “piovono” da ogni parte quali vento, pressione, temperatura solare, temperatura ambientale, livelli di umidità ecc. e che ci hanno “insegnato” come possano influenzare gli andamenti quotidiani alternati tra pioggia e sole di cui possiamo leggere ogni giorno gli effetti.

La maggior parte di questi fattori sono fenomeni a breve termine, altri a lungo termine. I primi determinano il nostro “tempo” meteorologico ( non metereologico, mi raccomando ;-) ), mentre i secondi influenzano il nostro clima. E questa è la differenza essenziale tra “tempo” meteorologico e clima. Ta-Dah!!…è tutta una questione di tempo inteso però come quello che trascorre (sorpresona). Il “tempo” meteorologico è determinato dalle condizioni dell'atmosfera in un breve periodo mentre il clima è determinato dal modo in cui l'atmosfera si comporta in periodi di tempo relativamente lunghi ( ah…la Storia!) in funzione degli spazi. Ecco perché premetto, a mio modo di vedere le cose, che ben anche tutta l’Europa dovesse dissolversi in un sol botto, ciò non si ripercuoterebbe sui livelli di emissioni di CO2 che continuerebbero ad aumentare senza sosta, se cerchiamo di vedere il “panorama” nel suo insieme (e questi sono fatti). Basta dare un’occhiata a questo grafico con relativo commento qui: http://www.blueplanetheart.it/2018/12/si-chiude-un-anno-record-negativi-sara-lanno-verra-livello-emissioni-co2/ per rendersene conto. E’ indubbio quindi che tirare in ballo ogni due per tre le quote di anidride carbonica pro capite assomigli sempre di più ad un discorso pretestuoso sempre più lontano da quelli che dovrebbero essere i veri obiettivi. Quello che mi irrita, e non poco, è che non si tratta di non esserne in grado, ma che non ne abbiamo l’intenzione. Motivi geopolitici e di RESHORING, ossia la decisione di una azienda di riportare la produzione nel proprio paese d'origine, tanto per fare qualche esempio che dovrebbe essere chiaro a tutti. Meglio girarsi dall’altra parte quando è evidente che lo sfruttamento dell’area asiatica e del sud del mondo creati dalla globalizzazione, sono tra i principali motivi dell’aumento di concentrazioni di gas serra negli ultimi 30 anni. Ma parlare di de globalizzazione non è cosa per anime pie, ma da eretici da bruciare sul rogo, evidentemente.

Ma anche questo è un altro discorso, pur costituendo il nocciolo del problema. Chi studia (seriamente) questo argomento sa che ci attendono molti cambiamenti, ma sanno anche che meteo e clima sono fenomeni non lineari e prevedere esattamente come cambierà il nostro tempo man mano che il clima si altera nel lungo periodo è qualcosa di complesso e frustrante.

Determinare se un singolo evento, per quanto dannoso, sia il risultato o meno del cambiamento climatico è quasi impossibile data la mole di altri fattori a breve termine che ne possono influenzare la comparsa.

Anche determinare come sta progredendo il cambiamento climatico è difficile perché sono necessari set di dati a lungo termine per costruire una valutazione accurata.

Resta il fatto che il “tempo” meteorologico può cambiare rapidamente; il clima cambia molto lentamente… Ma dai?! Ed allora spiegatemi che senso avrebbe proporre soluzioni lenitive locali (dissesto idrogeologico, cementificazione del territorio ad esempio (vedasi Emila Romagna), indiscutibili…(ma le infrastrutture da quale “cilindro” usciranno?), se non mera propaganda “casereccia” quando poi si prosegue con cavolate smascherabili anche da uno studente di una qualsiasi scuola di II° grado del tipo che il processo economico globale non si deve discutere vedi, gli accordi di Kyoto e Parigi (inutile sottolineare come si tratti di scelte compiute dall’uomo), partiti come la pole di Leclerc in qualifica ma dovendosi poi confrontare con il gradino più alto del podio di Verstappen in gara.

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