lunedì 25 settembre 2023

TUTTO CIO' CHE NUMERICAMENTE APPARTIENE AD UNA MAGGIORANZA E' NORMALE (STEREOTIPI "PREISTORICI" TRA ETEROSESSUALITÀ' ED OMOSESSUALITA'...E NON SOLO).

 

Non scopro di cero l’acqua calda se affermo che in letteratura, abbondano le definizioni di ciò che rappresenta una maggioranza ed una minoranza, per cui trattasi di un argomento piuttosto complesso. Trattarlo in stile Vincent Kartheiser in Mad Man con nonchalance, basandosi esclusivamente su personali convinzioni, lo trovo quindi, per usare termini “gentili”, riduttivo, qualunquistico ed egocentrico. Tradotto…non basiamoci solo su quanto ci torna utile, tralasciando tutto il resto, e poi ne riparliamo. 





Benché in molti studi di psicologia sociale (https://hal.science/hal-00571674v1/file/PEER_stage2_10.1177%252F1368430207084843.pdf) ad esempio, i gruppi di maggioranza e minoranza siano descritti attraverso almeno otto parametri, tra i quali potere, numero, carattere distintivo, categoria sociale, contesto di gruppo, predisposizioni ed essere la fonte o l'obiettivo dell’osservazione, tutti rilevanti sia per la maggioranza che per le minoranze

ma con la differenza di essere spesso applicati però in modo non egualitario, resta il fatto che il parametro dimensione (maggiore/minore) sia quello maggiormente considerato.

Se a tutto ciò aggiungiamo che non infrequentemente le minoranze siano associate a pensieri più divergenti e vengano viste in modo più negativo rispetto alle maggioranze, la domanda che mi sorge spontanea  è se tutto questo rispecchi solo le percezioni del mondo reale piuttosto che la sua fattualità.

Tanto per dirne una, alcuni autori quali Kerr e Crano, non hanno esitato nell’affermare che sebbene la dimensione numerica fosse “al centro” della maggior parte delle ricerche sperimentali in merito alla distinzione maggioranza/minoranza, emerge che pochi psicologi avrebbero potuto sostenere che la dimensione numerica potrebbe essere l’unica caratteristica capace di distinguere questi due gruppi. Basterebbe leggere alcune conclusioni espresse nel link di cui sopra: “To enhance the ecological validity of their results, future researchers should thus seek to portray majority and minority groups along at least some (i.e. more than one) of these dimensions, rather than focus exclusively on size”. Compris????


E veniamo alla “perla” più “preziosa” ovvero la correlazione tra “maggioranza” e normalità. Sul presupposto espresso da convinzioni profondamente radicate riguardo all’esistenza di un “nucleo centrale” dal quale emerga la presenza di una maggioranza, si ascoltano non poche idee (spesso bislacche) su cosa sia “normale”. Che poi le persone o i gruppi che si discostano da queste convinzioni di “normalità” possano incorrere in qualche forma di discriminazione e/o emarginazione…bhè...chi se ne frega vero?.

Ma niente da fare…non sarebbe più semplice e meno dannoso abbandonare del tutto il concetto di normalità sociale e accettare semplicemente il fatto che viviamo in una società di individui, ognuno dei quali è unico ed a sè stante? Mmhhh…troppo difficile. Anche perchè c’è chi si diletta, quando intervistato, a sciorinare argomentazioni statistico matematiche. Già!!!… Basta dire che dalle proprie ricerche vien fuori che in media il gruppo X (diciamo le persone eterosessuali tanto per non girarci tanto intorno), essendo maggioritario o prevalente, rappresenta al meglio il concetto di “normalità”. E tutto questo in barba a come  il valore “mediano” (il valore che si trova nel punto medio di una distribuzione) possa, sempre per esempio, determinare più significativamente cosa è “normale”. Dovrebbe essere superfluo rammentare che nelle statistiche sociali, è molto probabile che la mediana fornisca una cifra più rappresentativa rispetto alla media perché una percentuale più elevata di persone si raggrupperà attorno alla mediana rispetto alla media (ovviamente, tutto questo, solo per mettere i puntini sulle i e nulla più).

Cento anni fa, le persone avevano un’idea molto diversa di cosa significasse essere eterosessuale rispetto a tempi più recenti. Il Dizionario medico Dorland del 1901 definiva l’eterosessualità come un “appetito anormale o pervertito verso il sesso opposto”. Più di due decenni dopo, nel 1923, il dizionario Merriam Webster la definì in modo simile come “passione sessuale morbosa per una persona del sesso opposto”. Fu solo nel 1934 che l’eterosessualità ricevette il significato che conosciamo oggi: “manifestazione della passione sessuale per una persona del sesso opposto; sessualità normale”.


Detto questo ricordo che tempo fa vennero diffusi dei video dal titolo “man on the street”, in cui l’intervistatore chiedeva alle persone cosa ne pensassero circa svariati argomenti. In uno di questi video la domanda era se pensavano che gli omosessuali nascessero con il loro orientamento sessuale oppure no. Le risposte sono state variegate e la maggior parte ha detto qualcosa del tipo: “È una combinazione di natura e cultura”. L’intervistatore ha poi posto una domanda successiva: “Quando hai scelto di essere etero?” La maggior parte iniziò a “balbettare” e confessò, piuttosto timidamente, di non averci mai pensato per poi ammettere che le persone gay nascono gay proprio come le persone eterosessuali nascono etero.

In sintesi, pare proprio che non non è affatto necessario dare una spiegazione per l’omosessualità così come non ne abbiamo bisogno per l’eterosessualità. Non sarà un caso se Hanne Blank scrisse: “Prima del 1868 non esistevano gli eterosessuali”. Anvedi!…”non c'erano nemmeno gli omosessuali”. Agli esseri umani, in sostanza, non era ancora venuto in mente che potevano essere “differenziati l’uno dall’altro in base al tipo di amore o desiderio sessuale che sperimentavano”. Ergo non esistevano persone, sotto questo punto di visa, normali ed anormali.


“Normale” è una parola pesante, ovviamente, ed è stata usata in modo improprio nel corso della storia. Volete qualche esempio? Un tempo l’ordinamento gerarchico che inneggiava alla schiavitù era accettato come normale, tanto quanto secondo il modello aristotelico-tolemaico la Terra era posta al centro dell’Universo. Non occorre essere un genio per rendersi conto che bastò ridiscutere le fondamenta di tutte quelle visioni che ricevevano maggiori “consensi”, per ridimensionare gran parte di quelli che erano descritti come fenomeni “normali”.  Ecco dunque un esempio più che lampante di come le idee e le parole siano spesso semplicemente il prodotto del loro tempo a patto di chiudere a chiave ipocrisie a cui spesso non si vuole rinunciare. Per chi non ne fosse ancora convinto, Alfred Kinsey, in un suo fondamentale studio del 1948 dal titolo Sexual Behavior in the Human Male,  cercò di valutare la sessualità degli uomini su una scala da zero (esclusivamente eterosessuale) a sei (esclusivamente omosessuale). Le sue scoperte lo hanno portato a concludere che una larga, se non la maggioranza, “parte della popolazione maschile aveva avuto almeno qualche esperienza omosessuale tra l’adolescenza e la vecchiaia”. Per cui…come la mettiamo?

Personalmente mi verrebbe da pensare che in base ad una sorta di tautologia due espressioni sociali possano essere considerati diversi sull’unica base di poter essere divisi in due gruppi…o mi sbaglio?


Ritornando a bomba sul dualismo etero/omo, e bollando come una sciocchezza la teoria che presuppone un’origine “semplice”, come un “gene gay”, perché potremmo sentirci a disagio nel mettere in discussione la convinzione che l’omosessualità, e per estensione l’eterosessualità, siano verità incontestabili della natura?

Rammento quando meno della metà dei britannici tra i 18 e i 24 anni si identificava come eterosessuali al 100%. Un tempo l’eterosessualità era necessaria perché gli esseri umani avevano bisogno di dimostrare chi erano e perché lo erano, e dovevano difendere il loro diritto di essere dov’erano. Col passare del tempo, però, quell’etichetta sembra effettivamente limitare l’infinità di modi con cui noi esseri umani definiamo i nostri desideri, amori e paure. Forse questo è uno dei motivi per cui questo recente sondaggio britannico (https://www.telegraph.co.uk/news/uknews/11807740/half-young-people-heterosexual-lgbt-homosexual-yougov.html) ha rilevato che meno della metà delle persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni si identifica come “eterosessuale al 100%”.  

Per chi non lo avesse compreso ciò non vuol dire che la maggioranza dei giovani intervistati pratichi regolarmente la bisessualità o l’omosessualità; piuttosto dimostra che non sembrano avere la stessa necessità della parola “eterosessuale” dei loro antenati del XX secolo.


Purtroppo, e ne abbiamo recenti esempi che evito di menzionare per non ricorre ad un abuso di antiemetici (chi vuol capire capisca) c’è chi vagheggia sull’orientamento sessuale basandolo su un concetto di “natura” mal definito. Se per ideologia o ignoranza…fate voi. E questo solo perchè è molto facile e comunicativamente comprensibile per pari soggetti affermare che rapporti sessuali “diversi” sono generalmente correlati alla propagazione della specie senza neppure accorgersi che così dicendo si incorre nell’equivoco di attribuire loro uno status morale “speciale”. Ma dico io…da quando la Natura ci rivela i nostri obblighi morali? Siamo noi, al contrario, a determinarli, anche quando non siamo consapevoli di farlo. Tanto per citare affermazioni più autorevoli di quelle che scrivo io, fu il filosofo David Hume che scrisse: “Saltare da una visione di cosa sia in toto la Natura ad una presuntuosa idea di come dovrebbe essere significa commettere un errore logico”.


Da sempre, la preservazione della specie umana si è perpetuata grazie a rapporti riproduttivi tra persone di sesso diverso e sino ad un secolo fa attribuivamo significati specifici a questo tipo di rapporto, anche perché volevamo incoraggiarlo. Ma il nostro mondo ora è molto diverso da quello di allora, anche se c’è chi preferisce voltarsi dall’altra parte per non vedere. Tecnologie come la diagnosi genetica pre-impianto (PGD), la fecondazione in vitro (IVF) e le recenti procreazioni medicalmente assistite (PMI) stanno facendo passi da giganti ogni giorno. Non a caso più di cinque milioni di bambini sono nati grazie a quest’ultime. A chi obietta che questo numero rappresenti ancora una “minoranza”mi vien da rispondere che da sempre tutti i progressi tecnologici iniziano con numeri “piccoli”.

In conclusione il confine tra eterosessualità e omosessualità non è solo labile, è un’invenzione, un mito e un mito obsoleto. Uomini e donne continueranno ad avere rapporti sessuali con apparati riproduttivi diversi finché la specie umana non esisterà più. Ma l’eterosessualità intesa come stile di vita, come identità potrebbe estinguersi molto prima di allora. Pensateci.



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