martedì 19 aprile 2022

HYBRID IMMUNITY.


Ho pensato di rispolverare, un articolo che scrissi tra Novembre e Dicembre dello scorso anno, quando questa definizione era solo lontanamente oggetto di discussione e comunque ben prima che “The Lancet” confermasse con questo recentissimo studio (https://www.thelancet.com/.../PIIS1473-3099(22.../fulltext), quanto la cosiddetta Immunità Ibrida, possa conferire un maggior grado di protezione nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2. L’intento è ovviamente cercare di comunicare come ciò possa accadere e perché.
Il grado di immunità nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2 è una questione molto importante nonché molto dibattuta. L’intero impianto del nostro sistema immunitario è un argomento molto complesso che spazia dall’immunità naturale che si ottiene in conseguenza dell'infezione e l'immunità indotta invece dal vaccino. A tutto ciò, ovviamente, si aggiunge l’interrogativo su quali siano le caratteristiche dell’immunità che si manifesta nei soggetti dotati di immunità naturale (lo ricordo per l’ennesima volta, perché hanno già sviluppato l’infezione) e poi successivamente vaccinati.
Ebbene sì, sto parlando di quella che per definizione viene descritta come “Immunità Ibrida” in virtù della quale le persone che hanno contratto una precedente infezione da SARS-CoV-2, sono in grado di sviluppare risposte immunitarie insolitamente “potenti” se successivamente vaccinate.
Sia chiaro una volta per tutte, in questo piccolo spazio che mi ritaglio, non debbo capitalizzare approvazioni o altre forme di consenso, semplicemente mi preme contribuire nel mio piccolo e con tutta l’umiltà di questo mondo, ad avere qualche argomento (non opinione, perché la differenza è sostanziale e sterile, se non suffragata da dati e numeri ripetuti e ripetibili), da comunicare e dando del mio meglio per farlo nel modo migliore possibile, ovviamente dal mio punto di vista. 🙂. Se poi, ci sono i presupposti per un sano, educato, dibattito, tanto meglio.
Ritornando a bomba, possiamo scrivere di Super Immunità al Covid? Ne esistono i presupposti? Nel fantasmagorico nonché variegato mondo delle ricerche su Google, soprattutto quelle non fact-check è capitato e capita tutt’ora di leggere di tutto, o quasi. In questo momento, sarebbe curioso, sapere in quanti si ricordino o abbiano mai avuto menzione di questi due nominativi: Theodora Hatziioannou e Paul Bieniasz. Parafrasando al plurale il Manzoni, “Theodora Hatziioannou e Paul Bieniasz! Chi sono costoro?”.
Facendo riferimento al seguente articolo apparso su Nature (https://www.nature.com/articles/d41586-021-02795-x) due virologi della Rockefeller University di New York che si sono proposti l’obiettivo di produrre una versione della componente chiave, nel meccanismo di infezione, della proteina del SARS-CoV-2, in grado di eludere la risposta di tutti gli anticorpi prodotti dal nostro organismo, in corso di infezione.
La loro intenzione era quella di identificare le parti della Spike - la proteina che il SARS-CoV-2 usa per infettare le cellule, che risultano essere bersagliate dai nostri anticorpi neutralizzanti per riuscire a “mappare” la componente fondamentale dell'attacco del nostro corpo al virus.
I risultati di tale ricerca sono riportati nello studio pubblicato a Settembre sempre su Nature (https://www.nature.com/articles/s41586-021-04005-0) in cui i due Autori riflettono sul fatto che mentre il mondo mantiene una strenua attenzione sulla possibile comparsa di nuove varianti del coronavirus con la capacità di eludere le nostre difese immunitarie, ci si possa anche trovare di fronte ad una sorta di "super-immunità”. L’aspettativa dei ricercatori sarebbe quella per cui, mappando le differenze tra la protezione immunitaria che deriva dall'infezione rispetto a quella conseguente la vaccinazione, si possa scoprire e tracciare un percorso decisamente sicuro verso questo livello di protezione più elevato.
Gran parte di quanto sino ad ora proposto trova una sua ragione in due studi e precisamente L. Stamatatos et al., Science 372, 1413 (2021) e C. J. Reynolds et al., Science 372, 1418 (2021) in cui si evidenziano anche le risposte immunitarie naturali e quelle indotte dal vaccino per contrastare le varianti.
Come ho già avuto modo di scrivere più volte, l’immunità naturale e l'immunità secondaria al vaccino, rappresentano due diversi meccanismi di protezione. L’intero impianto del nostro Sistema Immunitario Adattivo altresì definito come Immunità Specifica, ovvero quel tipo di Immunità che viene attivata secondariamente dal Sistema dell’Immunità Innata, riconosce 3 attori principali: i Linfociti B (da cui prendono origine gli anticorpi), le Cellule T CD4+ (Linfociti helper) e le Cellule T CD8+.
Allo stato attuale, quel che sappiamo è che il grado di memoria immunologica nei confronti del SARS-CoV-2 è stata osservata per più di 8 mesi per le cellule T CD4+, T CD8+, Linfociti B e per gli anticorpi , con un declino relativamente graduale che sembra in parte stabilizzarsi entro un anno.
La domanda centrale su cui occorre focalizzare l’attenzione è: cosa accade quando vengono vaccinati individui che hanno contratto precedentemente l’infezione? Le conclusioni che si possono raccogliere, sulla base di numerosi studi condotti in merito, sono che si possa generare, con un'impressionante sinergia, una sorta di “Hybrid Vigor Immunity" come prodotto della combinazione tra l’immunità naturale e l’immunità generata dal vaccino per cui ci si ritrova innanzi ad una risposta immunitaria più ampia del previsto.Quello che appare assodato è che nella definizione di Immunità Ibrida, sia i Linfociti B che quelli T, giocano un ruolo fondamentale.
Un quesito importante sull'immunità mediata da anticorpi nei confronti delle cosiddette “Varianti Preoccupanti” o VOC è se la riduzione degli anticorpi neutralizzanti è causata dalla capacità dell’antigene di combinarsi specificatamente con anticorpi e recettori per l’antigene intrinsecamente bassa da parte delle VOC (bassa antigienicità). Tradotto, è particolarmente difficile per i Linfociti B riconoscere le proteine spike mutate a causa delle varianti?
La risposta è no! Gli studi sull'infezione naturale con la variante sud africana o beta B.1.351 ed il ceppo progenitore del virus hanno dimostrato robuste risposte neutralizzanti gli anticorpi. Nel momento in cui si era provveduto a vaccinare individui precedentemente infettati NON a causa della variante B.1.351, si sono osservate quantità di anticorpi neutralizzanti tale variante, rispettivamente all’incirca 100 e 25 volte superiori rispetto sia a quelle prodotte dalla sola infezione, sia dalla sola vaccinazione, sebbene, appunto, la proteina Spike della B.1.351, non risultasse coinvolta. ( C. J. Reynolds et al., Science 372, 1418 (2021) e R. R. Goel et al., Sci. Immunol. 6, eabi6950 2021 ). Complessivamente si può ragionevolmente affermare, dunque, che, almeno nelle prime fasi delle osservazioni, una tale potenza e ampiezza di copertura da parte delle risposte anticorpali riscontrate in seguito alla vaccinazione di persone precedentemente infettate da SARS-CoV-2 non erano state ipotizzate o previste.
Ma allora perché osserviamo questa marcata attività neutralizzante? La ragione primaria va ricercata tra le cellule B di memoria che possiedono due funzioni fondamentali: produrre anticorpi identici dopo una re-infezione con lo stesso virus e codificare una specie d libreria delle mutazioni anticorpali, in modo che il nostro organismo possa disporre di una sorta di “scorta” delle varianti immunologiche. ( Z. Wang et al., bioRxiv 10.1101/2021.05.07.443175 - 2021 ).
Insomma, allo stato attuale delle conoscenze, non scriveremmo un’eresia se affermassimo che l'aumento degli anticorpi capaci di neutralizzare la variante, registrato dopo la vaccinazione di soggetti precedentemente infettate da SARS-CoV-2 è determinato dal richiamo delle cellule B di memoria qualitativamente molto elevate, generate precedentemente a seguito di una infezione primaria.
Per chi pensava che fosse tutto finito qui, mi spiace deludere, ma, per cercare almeno di farsi una ragione del concetto di immunità ibrida, occorre metabolizzare anche qualche altro elemento. 😉
Anche le cellule T sono necessarie per la generazione delle diverse cellule B di memoria e l’aiuto delle cellule T alle cellule B rappresenta un aspetto fondamentale dell'immunità adattativa e della generazione della memoria immunologica. In particolare, le Cellule T CD4 helper follicolari (TFH) rappresentano elementi imprescindibili.
Ricapitoliamo: le cellule T e le cellule B lavorano all’unisono per determinare la più ampia risposta anticorpale possibile contro le varianti ed in questo complesso meccanismo le cellule T assumono un ruolo chiave nella fase di richiamo mentre le cellule B di memoria non sono in grado di produrre attivamente anticorpi dal momento che si comportano come cellule quiescenti sino a quando, in seguito ad una re-infezione, iniziano a sintetizzare anticorpi.
Secondo gli studi L. Stamatatos et al., Science 372, 1413 (2021) e R. R. Goel et al., Sci. Immunol. 6, eabi6950 (2021), già riportati, le cellule B di memoria aumentano da 5 a 10 volte nel corso della cosiddetta “Immunità Ibrida” rispetto a ciò che accade con la sola infezione naturale o la sola vaccinazione.
Il nostro sistema immunitario tratta qualsiasi nuova tipologia di esposizione, sia essa un'infezione piuttosto che non la conseguenza di una vaccinazione, quasi conducendo un'analisi della “minaccia” in termini di costi-benefici tra l'entità della memoria immunologica da generare e quella da mantenere. Invero, a dispetto di qualsiasi analisi vale sempre una regola empirica di vecchia data secondo la quale le esposizioni ripetute sono riconosciute, come quelle dotate di maggiore attività.
Da qui la raccomandazione dei regimi vaccinali suddivisi in due o tre somministrazioni.( nota a margine per chi all’insofferenza propone un improduttivo spirito competitivo, ostentando la spavalda certezza che, fatte le due somministrazioni, non ne farà altre, quasi avesse fatto un piacere a qualcuno, se non a se stesso ).
A questo punto è chiaro che nell’ambito della Immunità Ibrida si manifesti un aumento della risposta immunitaria, ma non è così semplice da definire dal momento che l’entità della risposta conseguente alla vaccinazione effettuata dopo una infezione già avvenuta, risulta maggiore rispetto a q quella che si otterrebbe con la sola somministrazione della seconda dose di vaccino in individui sani.
Concludendo, l’Immunità Ibrida o Hybrid Immunity da SARS-CoV-2 sembra essere un fenomeno decisamente rilevante. Un esempio ulteriore per tutti? Il vaccino Shingrix per l'herpes zoster, quando viene somministrato a persone precedentemente infettate dal virus della varicella zoster, dimostra una straordinaria efficacia ( circa del 97% ) con un grado elevatissimo di risposta anticorpale, rispetto a ciò che si otterrebbe, in termini di risposta immunitaria, in conseguenza della infezione naturale. (https://www.science.org/doi/10.1126/science.abj2258).
Bene…It was a really big bear, you know? ;))
Ovviamente quanto esposto, rappresenta semplicemente un argomento su cui si pubblica e si dibatte, e mai, in alcun modo deve rappresentare una sorta di “gara” in cui vince chi si sente protetto maggiormente perché già precedentemente infettato e successivamente vaccinato ne tantomeno si vuol far intendere che, per prassi, “Two is better than one”. Non è una questione quantitativa, bensì di ragionevolezza nel comprendere, quanto i vaccini siano estremante utili ed indispensabili anche se si è già venuti a contatto con la malattia e, forieri, perché no, anche di qualche vantaggio supplementare, rispetto alla risposta generata dalla sola immunità naturale. Il che non guasta mai.
Fedele al concetto che tutto quanto ritenuto di impianto scientifico non è affatto sinonimo di certezza e che può essere invalidato in qualsiasi momento o meglio ancora migliorato da nuovi contributi, mi auguro vi sia spazio per esternare domande, perplessità e dubbi che parimenti alle certezze, riconoscono anch’essi l’errore, sia pure in forma di consapevole ed onesta ricerca di una alternativa plausibile.

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