giovedì 23 giugno 2022

PAXLOVID ED IL FANTASMA DEL RISCHIO STANDARD


Che qualche cosa non filasse proprio liscio liscio e che la pentola iniziasse a ribollire lo avevo accennato qui: https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/05/una-tiratina-dorecchie-di-cui-sentiremo.html.

L’antivirale Paxlovid si è dimostrato efficace nei pazienti con diagnosi di COVID-19 ad alto rischio di sviluppare una malattia in forma grave. Ma il farmaco antivirale sembrerebbe non in grado di assicurare gli stessi benefici per quei pazienti definiti a “Rischio Standard”, ovvero quella popolazione di pazienti che pur avendo contratto l’infezione, risultano assolutamente meno vulnerabili dal punto di vista di evoluzione negativa del quadro clinico.


La Pfizer, con un comunicato diffuso lo scorso martedì 14 Giugno 2022 (https://www.businesswire.com/news/home/20220613005755/en/) ha di fatto interrotto l’arruolamento dei pazienti nell’ambito dello studio EPIC-SR che sta valutando Paxlovid in quei pazienti per l’appunto classificati a rischio standard, e per la precisione pazienti adulti non vaccinati che non abbiano alcun fattore di rischio che indichi la possibilità di una evoluzione in forma grave della malattia, oltre a pazienti vaccinati che, al contrario, mostrino almeno un fattore di rischio. 

In una precedente analisi intermedia resa nota, lo Studio clinico EPIC-SR aveva già fallito il raggiungimento del proprio “End point PRIMARIO” poiché il noto antivirale non aveva dimostrato maggiore attività rispetto al placebo nel ridurre e controllare tutti i sintomi per quattro giorni consecutivi. Anche l’”End Point SECONDARIO”, in quella fase, con una riduzione del rischio di ospedalizzazione e decesso pari al 70 %, non aveva superato l’asticella della significatività statistica, sempre nei confronti del placebo.


Il discorso relativo al raggiungimento o meno della significatività statistica ha ovviamente un suo perché. Sono diminuiti i ricoveri e i decessi grazie soprattutto alle campagne vaccinali realizzate nei Paesi occidentali e ad una minore virulenza del SARS-CoV-2, con varianti molto più trasmissibili ma meno patogenetiche (Omicron & sotto-varianti), per cui viene a mancare una solida “base” sufficiente di persone per condurre test clinici che mostrino una richiesta significatività statistica.


Come spesso avviene, anche quella che, sia pure parzialmente può rappresentare una battuta d’arresto, riesce spesso a trasformarsi in una opportunità (anche per altri). E così, la ricerca, si sta concentrando sullo sviluppo di antivirali anti Covid, che non solo siano efficaci nel ridurre ospedalizzazione e decessi, ma che possano anche minimizzare il rischio di non alleviare la sintomatologia. Un percorso già visto, del resto, per lo sviluppo di antivirali efficaci nei confronti della comune influenza che notoriamente non causa un così alto numero di casi gravi.

Non a caso, poche settimane fa, si è scritto parecchio a proposito dell’antivirale VV116 studiato dalla cinese Junshi Biosciences, e “per pura coincidenza” del confronto versus Paxlovid  che riportava i dati della Fase III del Trial per la registrazione di tale antivirale per l’indicazione del trattamento precoce della COVID-19 da lieve a moderata. (https://www.globenewswire.com/news-release/2022/05/25/2449880/0/en/VV116-Versus-PAXLOVID-Phase-III-Registrational-Trial-for-Early-Treatment-of-Mild-to-Moderate-COVID-19-in-High-Risk-Patients-Reaches-Primary-Endpoint.html).


Anche questa volta mi sento di dire che ne riparleremo a breve…;)


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