lunedì 23 maggio 2022

STEREOTIPI CANINI CHALLENGEN: LA GENOMICA CANINA SFIDA E DEMOLISCE ALCUNI CLICHE'.


Essere etichettati secondo stereotipi, attribuzioni interpersonali e tipiche reazioni di matrice “popolare” non capita solo alle persone, ed infatti anche i nostri amici pelosi non sfuggono ad una tale “rappresaglia” figlia della banale erudizione da parte di titolati esponenti della mediocrazia più blasonata.

Piaccia o meno ma sarebbe quasi ora che qualcuno si svegliasse e si abituasse all’idea, che esprimo “like if I were a 2 year old” (ho un debole per Denzel Washington…che posso farci) che tutti i cani sono “buoni”indipendentemente dalla razza.  E tanto per portare le “pezze d’appoggio” alla mia affermazione cito un recente studio di genomica in cui si dimostra come la correlazione tra razza e comportamento si possa misurare in parsec. Non scopro certamente l’acqua calda se sottolineo che l’idea per cui a determinate razze canine corrispondano tratti comportamentali caratteristici, appartiene più ad una credenza frutto di tramandate illazioni “popolari”. E così i cliché vanno a ruba ed i golden retriever (rigorosamente tutti eh?!) sono assolutamente amichevoli mentre i levrieri risultano tipicamente più indipendenti e predisposti a farsi gli affari propri. Fortunatamente (o sfortunatamente… dipende sempre dai punti di vista) lo studio di genomica di cui sopra, mette in discussione questa idea, che oggi appare un tantino bislacca. (https://www.science.org/doi/10.1126/science.abk0639).


Kathleen Morrill ed Elinor K. Karlsson della Chan Medical School dell'Università del Massachusetts e i loro colleghi hanno intervistato 18.385 proprietari di cani - circa la metà dei quali possedevano cani di razza mentre l’altra metà cani meticci - al riguardo dei tratti comportamentali dei loro animali domestici a cui hanno aggiunto anche il sequenziamento del DNA di ben 2.155 esemplari (non proprio tutta fuffa). Il loro studio ha chiarito come la maggior parte dei tratti comportamentali facciano riferimento ad una “ereditabilità (h2) > 25%”, là dove “si definisce ereditabilità per un particolare carattere la componente di quel carattere dovuta ai geni, espressa come valore numerico da 0 (nessuna influenza genetica su quel carattere) a 1 (carattere dovuto interamente ai geni)”.


Per farla semplice, la razza è uno scarsissimo indicatore predittivo del comportamento del cane, influendo su di esso, al massimo, per un misero 9%. A completamento dello studio è anche emerso che avere notizie accurate sulla discendenza, può indirizzare verso un presumibile tipo di comportamento, ma limitatamente a tratti come la “disponibilità” intesa come la capacità di reagire ai cambi di direzione ed ai comandi in genere a differenza di quella che viene definita “soglia o capacità agonistica” per la quale la razza, non fornisce alcun tipo di informazione predittiva attendibile.


Questi pochi concetti sono stati chiariti molto bene dalla stessa Karlsson in un comunicato stampa in cui dichiara: “La personalità e il comportamento di un cane sono certamente frutto della funzione di molti geni ma anche e soprattutto dall’esperienza di vita vissuta dall’animale. ", (https://www.umassmed.edu/news/news-archives/2022/04/umass-chan-study-shows-canine-behavior-only-slightly-influenced-by-breed/). Sarebbe un grave errore non considerare che, se da un lato i tratti comportamentali dei nostri amici riassumono il risultato di migliaia di anni di adattamento, dall’altro, le “moderne” razze canine, strutturate sulla base di particolari caratteristiche fisiche ed estetiche, sono nate solamente meno di 160 anni fa.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

ORDINE DEL GIORNO 

Dati, numeri non back of the envelope, notizie dal mondo della biotecnologia e delle scienze biomediche, riflessioni, bibliografia accredita...