Attualmente, la stragrande maggioranza dei casi di Alzheimer non riconosce una causa chiaramente identificabile. Per questo motivo i ricercatori si stanno dedicando a studiarne più approfonditamente la genetica, dal momento che sembrerebbe che in poco meno di un quinto dei pazienti tale patologia riconoscerebbe una causa genetica. Ma da dove nasce questo “nuovo” paradigma? ( come leggerete le “” non sono casuali). Per farla breve, prende spunto da un recente studio (https://www.nature.com/articles/s41591-024-02931-w) condotto dal Dr. Juan Fortea, direttore della Sant Pau Memory Unit a Barcellona. Basterebbe leggere queste sue considerazioni: ...“Molto spesso sosteniamo di non conoscere la causa del morbo di Alzheimer, ma, detto ciò, questa nuova concettualizzazione proposta riguarda una piccola minoranza di persone per la quale in circa il 15-20% dei casi, potremmo riconoscere una causa, e la causa è insita nei geni”…per comprendere di quanto potrebbe essere ampliata la portata degli sforzi per sviluppare nuovi trattamenti, tra cui la terapia genica, dal momento che quelli attualmente a disposizione non brillano certamente di luce propria, per mettere in atto e progettare inediti studi clinici.
In parole più semplici, moltissime persone potrebbero beneficiare di una diagnosi di Alzheimer prima di sviluppare qualsiasi sintomo di declino cognitivo.
I ricercatori sanno che ereditare una copia della variante genetica denominata APOE4 aumenta il rischio di sviluppare l'Alzheimer e che le persone con due copie, ereditate da ciascun genitore, manifestano un rischio notevolmente maggiore. Lo studio sopra menzionato prendendo in esame un gruppo notevolmente più numeroso rispetto a quelli di studi precedenti, conducendo un’ analisi comprendente un campione di 3.297 cervelli donati per la ricerca - analisi patologica - e 10.039 persone per lo studio clinico ed indagando i parametri di oltre 500 persone con due copie di APOE4, ha messo in luce come quasi la totalità di questi pazienti avessero sviluppato l’Alzheimer. Secondo i ricercatori dunque, si potrebbe concludere che due copie di APOE4 non costituirebbero più un semplice fattore di rischio, bensì una vera e propria causa.
Prima di approfondire lo studio, è utile far notare come si sia a conoscenza di tre varianti:
- l’APOE3, quella più comune, che sembra non aumentare né diminuire il rischio di sviluppare la patologia (circa il 75% della popolazione generale presenta una copia di APOE3 e più della metà della popolazione generale ne ha due copie).
- l’APOE2 che è relativamente rara con un 5% di incidenza nella popolazione e considerata come una variante neuro-protettiva tanto che a Marzo del 2019 Ronald Crystal, Professore e Direttore del Dipartimento di Medicina Genetica presso Weill Cornell Medicine ha iniziato un trial clinico di Fase 1 (https://clinicaltrials.gov/study/NCT03634007), nell’ambito di una procedura di terapia genica, con lo scopo di veicolare una copia del gene E2 (APOE2) che, grazie a un vettore virale adeno-associato (AAVrh.10h), raggiungerebbe le cellule del cervello permettendo la sintesi della apolipoproteina E2 la quale, secondo quanto finora osservato, ridurrebbe il rischio di sviluppare l’Alzheimer.
- In ultimo, appunto, la variante APOE4.
Quanto all’”arsenale” terapeutico ad oggi disponibile per il trattamento dell’Alzheimer, non è che sia così particolarmente ben fornito. Di Aducanumab ho già ampiamente scritto qui : https://ilgeneegoista.blogspot.com/2021/06/alzheimer-fda-approva-aducanumab-ci.html e qui : https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/04/aducanumab-della-serie-metterci-una.html, sino all’inevitabile conclusione: “Biogen interrompe lo sviluppo di Aducanumab e punta su Lecanemab alias Leqembi” https://www.farmacista33.it/industria-e-mercati/28469/alzheimer-biogen-interrompe-sviluppo-di-aducanumab-e-punta-su-lecanemab.html.
A conti fatti però, sembra che anche questa “puntata” su Leqembi di Eisai and Biogen , un anticorpo monoclonale che riconosce come bersaglio la proteina beta-amiloide che si aggrega a formare placche nel cervello delle persone affette dal morbo di Alzheimer sia particolarmente rischiosa (https://www.fiercepharma.com/pharma/eisai-biogens-injectable-leqembi-delayed-fda-asks-more-data): “Eisai, Biogen's injectable Leqembi delayed as FDA asks for more data” e non se la passa meglio di certo il Donanemab di Eli Lilly, la cui approvazione era prevista entro Marzo, mentre l’FDA ha invece deciso di convocare un panel di esperti indipendenti per valutarne efficacia e sicurezza (https://www.reuters.com/business/healthcare-pharmaceuticals/us-fda-delays-lilly-alzheimers-drug-decision-calls-advisory-panel-2024-03-08/). La decisione dovrebbe arrivare entro il 10 Giugno 2024 (https://www.dailyhealthindustry.it/eli-lilly-il-10-giugno-la-fda-decide-su-donanemab-alzheimer-ID31262.html).
Ma ritorniamo allo studio in questione. Questo ha rilevato che i pazienti possono sviluppare l’Alzheimer ad una età relativamente giovane: oltre il 95% di loro presentava marcatori biologici associati alla malattia all’età di 55 anni mentre tale patologia tende a manifestarsi più comunemente dopo i 65 anni, soprattutto tra la i 70 e gli 80 anni. Infatti quasi tutti i pazienti presentavano un accumulo della proteina beta amiloide (causa della formazione di placche nel cervello responsabili del malfunzionamento della trasmissione fra sinapsi nelle fasi più precoci della malattia) sviluppando sintomi di declino cognitivo prima o all’età di 65 anni, quindi molto precocemente rispetto alla maggior parte delle persone senza la variante APOE4.
Dal punto di vista statistico, quindi, le persone con una copia della variante genetica APOE4 rappresenterebbero circa il 15-25% della popolazione generale e circa il 50% dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, mentre le persone con due copie, note come omozigoti APOE4, rappresenterebbero dal 2 al 3% della popolazione generale, e tra queste, il 15-20% svilupperebbero la patologia.
Ma come spesso accade per molti studi, possono emergere dei limiti, ed allora vediamoli. La maggior parte dei pazienti inclusi nello studio era di origine europea e sebbene due copie di APOE4 aumentino notevolmente il rischio di sviluppare l’Alzheimer in altre etnie, i livelli di rischio differiscono. Tanto per dirne una, i bianchi con due copie della variante APOE4 presentano un rischio di sviluppare la patologia 13 volte superiore rispetto ai bianchi con due copie di APOE3, mentre i neri con due copie di APOE4 manifestano un rischio 6,5 volte maggiore rispetto ai neri con due copie di APOE3 (https://www.advisory.com/daily-briefing/2024/05/08/alzheimers-risk).
In conclusione, questo studio pone la domanda se sia opportuno che le persone debbano sottoporsi a test specifici per scoprire se siano portatori della variante APOE4 visto che presentare una copia di APOE4 continuerebbe a essere considerato un fattore di rischio non sufficiente a causare l'Alzheimer. Domanda più che legittima, a mio avviso, almeno sino a quando, soprattutto in assenza di sintomi, non vengano resi disponibili trattamenti farmacologici efficaci per i soggetti con due copie di APOE4 per sviluppare in modo adeguato molecole capaci di impedire lo sviluppo della patologia. E per “adeguato” mi riferisco al presupposto fondamentale (per sapere esattamente cosa si sta somministrando alle persone…dettaglio non da poco eh!?…visti alcuni precedenti) per cui sia chi si impegni per primo nella ricerca e chi produca dei batch clinici, usino lo stesso metodo analitico per rilasciare il materiale destinato ai trial di fase I e II.
Fonti:
https://www.nature.com/articles/s41591-024-02931-w
https://www.accessdata.fda.gov/scripts/cder/daf/index.cfm?event=overview.process&ApplNo=761269
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2090123221001351
https://www.alzforum.org/news/conference-coverage/small-trial-gene-therapy-spurs-apoe2-production
https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/fullarticle/2811630
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3109410/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9387748/
https://clinicaltrials.gov/study/NCT03634007
https://ilgeneegoista.blogspot.com/2021/06/alzheimer-fda-approva-aducanumab-ci.html
https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/04/aducanumab-della-serie-metterci-una.html
https://www.fiercepharma.com/pharma/eisai-biogens-injectable-leqembi-delayed-fda-asks-more-data
https://www.advisory.com/daily-briefing/2024/05/08/alzheimers-risk
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