Nonostante il nostro genoma contenga un numero ancora imprecisato di geni (all’incirca “solo” 25.000), il nostro organismo è composto da una numerosa varietà di tipologie cellulari diverse, ciascuna in grado di soddisfare le più disparate funzionalità corporee. Sappiamo poi che le diversità di forma e funzione tra le varie tipologie cellulari sono da ascriversi al modo con cui i geni vengono espressi. Partendo da questi semplici presupposti i ricercatori del MIT hanno elaborato una rivoluzionaria tecnica basata sulla chimica dei click (Click Chemistry appunto a proposito della quale ho già scritto qui: https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/10/il-nobel-per-chimica-2022cala-il-tris.html) per identificare i geni attivi in fase di trascrizione all'interno di singole cellule.
La metodologia proposta, che consiste nel sequenziare l'RNA nascente di una singola cellula per tradursi in una trascrizione coordinata onnicomprensiva, offre un'opportunità senza precedenti per indagare i processi molecolari che regolano l'espressione genica a livello cellulare. Per farla breve, questo approccio innovativo consentirebbe ai ricercatori di identificare con precisione quali geni siano attivamente trascritti in un dato momento e di studiare come tali processi siano regolati in condizioni sia fisiologiche che patologiche.
Tanto per far mente locale, giova ricordare che la trascrizione dell'RNA è un processo dinamico che non avviene in maniera continua, ma piuttosto attraverso fasi intermittenti. Questa natura intermittente della trascrizione consente ai geni di essere attivamente espressi in determinati momenti e silenziati in altri. A tutto ciò aggiungiamo che la tempistica con cui si manifestano queste accelerazioni nella trascrizione dei geni dipende ed è regolata dall'attività di alcune “regioni” del genoma, note come "intensificatori". Gli intensificatori, più semplicemente, sono sequenze di DNA non codificanti che agiscono come siti di legame per fattori di trascrizione e altri co-fattori, facilitando in tal modo l'interazione tra i regolatori genici e l’attività trascrizionale. In parole povere, quando un segnale stimola l'attivazione di uno specifico gene, gli intensificatori agiscono sotto forma di “ponti molecolari” consentendo una rapida e coordinata accelerazione della trascrizione in quella regione del genoma.
Il Professore Phil Sharp, genetista e biologo del MIT, autore dell'articolo (https://www.nature.com/articles/s41586-024-07517-7#Sec8), ha recentemente sottolineato l'importanza di questa innovativa metodologia che consente ai ricercatori di osservare con precisione temporale l'attivazione della trascrizione genica. In sostanza, questo approccio avanzato permetterebbe di misurare con estrema precisione i cambiamenti nella trascrizione genica nel corso del tempo fornendo una prospettiva senza precedenti sulla dinamica dell'espressione genica a livello cellulare tracciando i momenti in cui determinati geni vengono attivati in modo massimale e conseguentemente esaminando come tali eventi siano correlati con l’attività degli intensificatori nel genoma.
Dal punto di vista pratico, per mettere in atto una simile metodologia i ricercatori hanno aggiunto alle cellule nucleotidi modificati contenenti uno speciale gruppo alchino. Durante una fase di accelerazione trascrizionale, i nucleotidi modificati sono stati incorporati nell'RNA. Il passo successivo è stato quello di isolare i nuclei dalle singole cellule per annettere un DNA barcode (in parole semplici uno strumento basato su sequenze di DNA) ai gruppi alchinici sui nucleotidi modificati grazie all’impiego della reazione di cicloaddizione azide-alchino catalizzata dal rame e cioè una delle reazioni chimiche più “eleganti” ed efficienti della Click Chemistry. In conclusione, essendo ogni DNA barcode unico per ogni nucleo di ogni singola cellula, i ricercatori hanno avuto l’opportunità di tracciare esattamente quali geni stessero subendo un’accelerazione di trascrizione all’interno di ogni specifica cellula.
Resta il fatto che lo studio è stato condotto utilizzando cellule staminali embrionali del topo, per cui non sappiamo ancora cosa potrà accadere quando dal laboratorio i trials verranno trasferiti sull’uomo per riprodurre al meglio lo stesso processo dimostrando benefici, sicurezza ed affidabilità. Tuttavia, vista la potenzialità indubbia di una simile scoperta, la “scommessa” può essere accettata in vista di un futuro sviluppo di nuovi trattamenti per molte malattie su base genetica.