venerdì 13 maggio 2022

FARMACI RADIOATTIVI MIRATI (RADIOFARMACI) ALIMENTANO SPERANZE PER LA CURA DEL CANCRO (Second Part of Two).



Avevo concluso la prima parte del post dedicato ai farmaci radioattivi mirati o radiofarmaci/radioconiugati (https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/04/farmaci-radioattivi-mirati-radiofarmaci_25.html) constatando come le aziende che stanno studiando i radio-coniugati generalmente prendono in esame due tipi di isotopi: gli “emettitori” α (in grado di emettere particelle Alfa) e gli “emettitori” β (in grado di emettere particelle Beta). Bene, vediamoli.


Gli emettitori α emettono appunto una particella, chiamata particella α, composta da due protoni e due neutroni, essenzialmente un atomo di elio meno i suoi elettroni e sono dotate di un'energia maggiore delle particelle β prodotte dagli isotopi emettitori β, riuscendo a scindere entrambi i filamenti del DNA. Secondo le parole di Chris Orvig, Professore di Chimica e Scienze Farmaceutiche presso l'Università della British Columbia -“rispetto alle particelle β, sono più pesanti e sono dotate di un minore raggio d’azione, rendendo così meno probabile che la radiazione colpisca le cellule sane vicine. Se indirizzate verso un determinato tipo di cancro, quest’ultimo potrebbe subire molti danni preservando, ci si augura, il tessuto sano circostante.”


Per Alonso Ricardo chief scientific officer presso il Curie Therapeutics, l’Attinio-225 è un efficace emettitore α perché è un generatore α atipico dal momento che non emette solo una particella α, ma è in grado di avviare una reazione a catena in cui si formano più emettitori α alla fine della quale rimarrà l’isotopo stabile del bismuto-209. Effettivamente quando ogni molecola di Attinio-225 inizia il proprio processo di decadimento, produce ben quattro particelle α.

I due radioconiugati approvati dalla FDA, Lutathera e Pluvicto, utilizzano emettitori β. Questi espellono particelle β, essenzialmente elettroni, che pur essendo dotati di un'energia inferiore rispetto alle particelle α, hanno un maggiore raggio d’azione pari a circa 2 mm corrispondenti a 75 diametri cellulari. Ah…dimenticavo, riescono a scindere solo uno dei doppi filamenti del DNA.


Quale emettitore è meglio utilizzare? Bhè, la scelta non è certamente casuale. Per fare un esempio, i tumori neuroendocrini saranno trattati con gli emettitori β, dal momento che crescono molto lentamente.

Al contrario il cancro ovarico che è un tipologia di cancro molto aggressivo, riconoscono come miglior scelta terapeutica gli emettitori α. Diciamo che ogni caso è un po a se stante. Scrivendo per ipotesi si potrebbe iniziare il trattamento con un tipo di emettitore e poi passare all'altro nel caso emergesse un meccanismo di resistenza.


Un altro aspetto importante dei radio-coniugati è che possono svolgere un duplice compito: è possibile  inserire un radioisotopo a scopo diagnostico nel coniugato per tracciare le cellule cancerose, per poi utilizzare un’altro un isotopo capace di neutralizzare il tumore.

Tradotto, si avrebbe la stessa molecola targeting, lo stesso linker utilizzato per legare l'isotopo, ma si sostituirebbe l’isotopo terapeutico con quello diagnostico. Non esattamente pizza e fichi eh!?


Proviamo a questo punto allora a mettere insieme i pezzi facendo un pò di ordine.

Comunque la si voglia vedere, in ogni caso, un radio-coniugato deve sempre avere gli stessi quattro componenti di base: l'isotopo radioattivo, un chelante per “aggrapparsi” all'isotopo, un composto bersaglio o target ed un linker per tenere insieme i pezzi. Come è ovvio che sia, un farmaco anti tumorale a base di radioisotopi deve per necessita terapeutica mostrare un certo grado di nocività nei confronti delle cellule tumorali ma questo imprescindibile dato di fatto può anche costituire un problema. Perché?… It’s simple: da un lato si fa il possibile affinché lo ione metallico radioattivo raggiunga il tumore per poi fermarsi bello bello lì, dall’altro si teme che questi se ne vada a spasso indisturbato danneggiando qualcos’altro oltre al tumore. Ed è qui che entra in gioco l'agente chelante.


Oltre a mantenere lo ione radioattivo all’interno di una sorta di protezione, tramite un linker, lo collega al resto della molecola, ma per chi “progetta” l’intero impianto può diventare difficile non interferire con la funzione generale del radio-coniugato, ad esempio diminuendo, proprio grazie all’utilizzo del chelante , l’affinità nei confronti del target.

Un ulteriore problema da tenere bene a mente quando si parla di un agente chelante è legato all'enorme dimensione dei radioisotopi. Gli elementi metallici radioattivi più comunemente impiegati sono l’Attinio-225 ed il Lutezio-177, due veri e propri colossi se si butta lo sguardo in fondo alla tavola periodica. Senza scordare che sempre sul chelante occorre pianificare la formazione di un punto su cui poter attaccare il linker che collega il radioisotopo al proprio composto bersaglio.


A loro volta i linker devono mantenere all’interno dell’organismo una buona stabilità in modo tale che il componente radioattivo non “scompaia” ma si riversi nel flusso sanguigno ed al contempo però devono essere pronti a rompersi una volta che il farmaco ha indirizzato la sua attività radioattiva all’interno delle cellule tumorali, favorendone così l’espulsione da parte dell’organismo. Ovviamente queste caratteristiche hanno un senso perché se da un lato è vero che si fa il possibile affinché ciò che è stato indirizzato verso il tumore rimanga nel tumore stesso, dall’altro è altrettanto vero che ci si adopera affinché tutto il resto dell’organismo venga ripulito il più rapidamente possibile.

Il composto bersaglio infine può essere grande quanto una proteina intera o piccolo quanto un peptide ma deve essere in grado di individuare i recettori che, per le cellule tumorali, sono unici.

Ultimata la “costruzione” del radio-coniugato. è arrivato il momento di pensare alla…”velocità”. l’Attinio-225 ha un’emivita di 9,92 giorni mentre quella del Lutezio-177 è di 6,65 giorni, per cui una volta unito l’isotopo, il farmaco deve essere portato rapidamente negli ospedali o nei centri di cura, prima che perda la propria attività.


Il “mercato” dei radio-coniugati è tutto fuor che meno un mercato maturo, per cui è decisamente avviato verso un rapido sviluppo. I tempi di carestia sembrano essere lontani e la fornitura di isotopi per la ricerca e la produzione di radio-coniugati dopo anni di scarsa disponibilità, stanno crescendo. Gli isotopi radioattivi per scopi medici non sono propriamente merce reperibile al Supermercato. Possono provenire solo da generatori, ciclotroni, reattori nucleari o da rifiuti radioattivi (a tal proposito dedicherò un post apposito). Sarà pertanto fondamentale garantire una perfetta catena di approvvigionamento dei radioisotopi in modo tale che i radio-coniugati siano messi nelle condizioni di garantire appieno la propria attività terapeutica.  Attualmente sono diverse le iniziative portate avanti sia a livello governativo che da parte delle aziende farmaceutiche che ritengo potranno rendere tutto ciò attuabile concretamente in termini ragionevoli.

Alcuni dei produttori di isotopi radioattivi includono il centro canadese di acceleratori di particelle Triumf, la società di innovazione nucleare TerraPower, fondata da Bill Gates nonché l’attività dell'Oak Ridge National Laboratory negli Stati Uniti.


Concludo con qualche numero, perché spesso aiutano a rendere più chiaro l’intero paradigma. Negli ultimi anni, unendosi a società biotecnologiche e radio-farmaceutiche private e con una lunga esperienza alle spalle nello sviluppo, produzione e fornitura globale di radiofarmaci diagnostici e terapeutici mirati e radioisotopi nel trattamento del cancro, come ITM e Fusion, sono sorte molte piccole aziende dedite allo sviluppo di radio-farmaci in particolare ad emissione di α particelle, tra cui RayzeBio, Curie, Aktis Oncology e Precirix. E gli investimenti non son certo venuti meno dal momento che Curie, ad esempio, è apparsa sulla scena alla fine del 2021 con 75 milioni di $ di finanziamenti, mentre RayzeBio, nel 2020, ha raccolto oltre 250 milioni di $ grazie alla sua fondazione. Oltre a ciò gli investitori del fondo Venture Capital hanno concesso nel mese di marzo a Precirix  88 milioni di $ in finanziamenti.


Tutta questa “fiducia” che si concretizza in importanti riversamenti di denaro, deriva anche dal fatto che ci si è resi conto dell’esistenza di un enorme potenziale “mercato” in cui al trattamento con radiazioni del cancro si possono integrare altre tipologie di farmaci. A ben guardare infatti, se è vero che il meccanismo principale con cui i radio-coniugati aggrediscono il cancro si esplica attraverso un danno diretto in grado di danneggiare il DNA delle cellule cancerose, è tutt’altro che un’ipotesi campata per aria l’idea di combinare, in un prossimo futuro, i radio-coniugati con farmaci capaci di inibire i meccanismi di riparazione del danno subito dal DNA delle cellule cancerose trattate. It’s simple as that…;-))))


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