Ho già avuto modo di scrivere, seppur non nei dettagli a riguardo delle forti ripercussioni patite da alcune società chimico farmaceutiche impegnate nella ricerca bio-tecnologica attualmente operanti in Ucraina quali Enamine e Life Chemicals (https://ilgeneegoista.blogspot.com/2022/03/frammenti-di-vita-reale-senza-la_14.html). Ora è giunto il momento di ritornare sull’argomento, per approfondire ciò per cui pare proprio non ci sia molto da riderci su.
L'invasione russa dell'Ucraina non ha solo sconvolto la vita di milioni di persone, ma sta anche provocando danni irreparabili ad imprese ben lungi dall’essere considerate ad impatto vitale perché, all’apparenza, non in grado di influenzare in quale direzione potrebbe evolvere il conflitto. Sapete com’è no? Se oggi non sei in grado di produrre almeno un’NBCR non rientri nel novero delle maison pret a porter.
Ma del resto, la miopia, pare essere una condizione very very cool e così gli esperti del settore lanciano l’allarme che la scoperta di nuovi farmaci, ad esempio, diventerà ogni giorno sempre più complicata.
Non che la cosa mi sorprenda, ne tanto meno che sia frutto di una considerazione estemporanea degna della miglior Cassandra. Già nel 2018, Duncan B. Judd della società di consulenza Awridian (https://www.awridian.co.uk) aveva sondato il sentiment di vari ricercatori operanti in Ucraina, Lettonia e Francia a proposito del mercato dei composti ad alto rendimento da “screenare” per giungere allo sviluppo di nuovi farmaci (Drug Discov. Today 2019, DOI: 10.1016/j.drudis.2018.10.016). E dopo aver dichiarato: "Non sono sicuro che le persone si rendano conto della vera portata di quella che si rivelerà una gran brutta gatta da pelare” arrivò alla conclusione che le aziende di stanza in Ucraina e Russia come Enamine, Life Chemicals e ChemDiv forniscono (ma ora è più corretto scrivere fornivano) circa l'80% dei composti da “screenare” (screening compounds) nel mondo.
Per chi è completamente a digiuno dell’argomento e facendola semplice anche se semplice non è, questo che riporto è il cammino che si segue per arrivare alla formulazione di un farmaco (al netto di qualsiasi teoria cospirazionista). Questo procedimento inizia con l’identificazione, attraverso lo screening di diverse librerie di nuovi composti, di quelli biologicamente attivi sia di origine naturale che sintetica e dotati di promettenti proprietà farmacologiche nei confronti delle attività biologiche desiderate e definiti come capostipiti (HIT). L’hit subisce successivamente un processo di perfezionamento e di ottimizzazione che consiste in variazioni strutturali mirate, tramite le quali si cerca di migliorarne le caratteristiche farmacologiche (farmacodinamiche, farmacocinetiche e di sicurezza). Questo processo si articola in almeno 2 fasi: l’“hit to lead” (ove LEAD = prototipo) e successivamente la “lead optimization” che consente l’identificazione del candidato farmaco pronto per la sperimentazione clinica.
Appare quindi estremamente evidente come un accesso ridotto alla consultazione delle librerie di nuovi composti per l’attività di screening (come abbiamo visto circa l’80% in meno), ritarderà molti progetti per mesi e mesi. Per coloro che ancora sono rimasti al concetto delle sperimentazioni condotte “in vitro” ossia in provetta, ed “in vivo” e cioè su essere vivente, è bene far presente che esistono anche quelle “in silico”. Questa locuzione indica l’attività di poter riprodurre fenomeni di natura chimico biologica, mediante simulazioni matematiche condotte al computer. E non è certo un caso se Jonathan Heal, che guida il team per le sperimentazioni condotte “in silico” da parte di RxCelerate (https://www.rxcelerate.com), una piattaforma dedita alla scoperta ed allo sviluppo di farmaci in outsourcing (al di fuori dell’azienda, all’esterno) con sede nel Regno Unito, affermi che le aziende appena sopra menzionate rappresentino la parte vitale di tutta l’organizzazione dedita alla scoperta di nuovi farmaci.
Cosa tanto più vera se avvalorata dalle sue recenti dichiarazioni in cui, senza mezzi termini si esprimeva dicendo: “Quando abbiamo visto che l'Ucraina è stata invasa, ci siamo subito resi conto che questo avrebbe creato dei seri problemi, tanto è vero che, pur a fronte di un maggior impegno, non siamo più in grado di soddisfare gli ordinativi dei nostri clienti, potendo contare ormai solo più sul 30% dei composti a cui precedentemente avevamo accesso. E le cose non vanno meglio anche per Chemspace.
Tanto è vero che Judd rincara la dose sostenendo che una simile situazione potrebbe causare un ritardo variabile dai 6 ai 12 mesi per lo sviluppo dei progetti finalizzati alla produzione di nuovi farmaci e se anche ben la guerra finisse domani, non è chiaro quanto velocemente le aziende ucraine saranno in grado di riprendere a lavorare a pieno regime o se i clienti vorranno ancora trattare con le aziende russe.
Ma paradossalmente, questa complicata situazione, sempre secondo Jonathan Heal di RxCelerate potrebbe favorire un’accelerazione per lo sviluppo della scoperta di nuovi farmaci. Alla fine dell'anno scorso, i ricercatori che lavoravano con Enamine hanno dimostrato (https://www.nature.com/articles/s41586-021-04220-9) come la ricerca di nuove e fornite librerie virtuali di molecole potenzialmente attive potrebbe effettivamente accelerare questo processo. Per questo motivo si sta lavorando pro-attivamente alla progettazione di nuovi farmaci mediante tecniche computazionali capaci di migliorare le procedure di “virtual screening” testando l’affinità tra ligando e recettore su una serie sempre più ampia e tutta da scoprire di librerie di molecole potenzialmente attive. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.