Come è inevitabile che sia, gli antibiotici ad ampio spettro aggrediscono sì molti batteri, senza però risparmiare anche quelli presenti nel corredo del nostro microbioma intestinale con il risultato controproducente di causare uno squilibrio in grado di interferire sullo stato di benessere dell'intestino.
Alcuni ricercatori stanno progettando microrganismi capaci di produrre un enzima in grado di degradare gli antibiotici β-lattamici nell’intestino dei topi senza influenzarne la concentrazione nel sangue. Questo approccio al problema, dovrebbe proteggere la normale flora batterica senza interferire con i livelli di antibiotico nel sangue e riducendo al minimo lo sviluppo della possibile resistenza agli antibiotici.
Nello specifico, James J. Collins, ingegnere biologico presso il Massachusetts Institute of Technology e Andrés Cubillos-Ruiz, ricercatore presso il Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering si sono concentrati sul probiotico Lactococcus lactis rendendolo idoneo per produrre enzimi chiamati β-lattamasi capaci di degradare e scomporre una classe chiave di antibiotici che include la penicillina e l’amoxicillina e classificati come antibiotici β-lattamici (https://www.nature.com/articles/s41551-022-00871-9). Se qualcuno si domandasse il perché della scelta di questo probiotico, la risposta è semplice, visto che si trova in molti alimenti e può essere tranquillamente consumato in grandi quantità.
Le β-lattamasi sono solitamente prodotte da batteri gram-negativi e restano intrappolate nello spazio compreso tra la membrana interna e quella esterna (spazio periplasmatico) dei batteri. Ma L. lactis è un gram-positivo e quindi è sprovvisto di una membrana esterna capace di trattenere l’enzima e questo fa si che le β-lattamasi possano in tal modo intercettare e degradare gli antibiotici nell'intestino.
Ma come è stato possibile ingegnerizzare Il Lactococcus lactis per produrre una β-lattamasi? Semplicemente (si fa per dire) facendogli produrre una β-lattamasi sotto forma di due “frammenti” inattivi. Ogni frammento è stato poi collegato a domini proteici in modo da formare tra di loro dei legami covalenti per poi essere secreti all’esterno della cellula e qui i domini di formazione dei legami covalenti, hanno contribuito a riunire i frammenti enzimatici, in modo tale che si potessero riassemblare in una conformazione attiva capace di degradare gli antibiotici β-lattamici.
Secondo l’opinione di Nathan Crook, un ingegnere che da anni studia il microbioma intestinale presso la North Carolina State University, si tratterebbe di una soluzione intelligente ad un problema molto importante e frequente. In effetti, dividendo in due frammenti un gene responsabile della genesi della resistenza agli antibiotici in modo tale che al di fuori della cellula possano poi formare un’altra serie di enzimi attivi, si possono prendere, come si suol dire, due piccioni con una fava.
Da un lato si riduce la concentrazione di antibiotici nell'intestino, dall’altro si ottiene questo obiettivo utilizzando un batterio ingegnerizzato che di per sé non è resistente all'antibiotico né è in grado di trasferire entrambi i frammenti genici generati a nessun altro tipo di microrganismo.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.