Il trasporto di merci via mare è una delle cause principali del significativo incremento delle emissioni globali di carbonio. Prendendo spunto, allusivamente, da quel motivetto che tanto ingenuamente fu caro all’esercito francese “Un quart d’heure avant sa mort Il était encore en vieche”, non ho difficoltà alcuna nello scrivere che l'impatto sul clima da parte del trasporto marittimo potrebbe essere drasticamente ridotto grazie al passaggio dai tradizionali combustibili a base di petrolio a combustibili alternativi a basse emissioni di carbonio.
All’incirca centomila navi di grandi dimensioni solcano ogni giorno gli oceani del mondo, trasportando l'80-90% dell’intero asset commerciale internazionale. La maggior parte di queste navi è azionata da motori che bruciano olio combustibile pesante (HFO), un prodotto di scarto della raffinazione del greggio. La combustione di questo carburante rilascia tonnellate di particolato e rappresenta circa il 3% delle emissioni globali di gas serra. Le grandi organizzazioni multinazionali mirano a ridurre del 50% le emissioni prodotte dai trasporti marittimi nei prossimi anni, ma il percorso per decarbonizzare il trasporto marittimo (il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti energetiche - un processo volto a ridurre la quantità di anidride carbonica (C02) nell'atmosfera - che può risultare molto dannosa quando supera un determinato livello di concentrazione) non è chiaro. Gli esperti stanno valutando vari metodi per “filtrare” le emissioni delle navi e stanno anche prendendo in considerazione combustibili alternativi, tra cui gas naturale liquefatto, idrogeno, ammoniaca e metanolo. Come spesso accade però tutti presentano vantaggi e svantaggi in termini di emissioni, sicurezza, fattibilità e costi. Vediamo più in dettaglio questo aspetto.
Gas naturale liquefatto (LNG): è il primo della lista tra i combustibili non tradizionali attualmente utilizzati dalle navi commerciali, comprese alcune grandi navi porta-container. Il numero di navi alimentate a LNG è costantemente aumentato nell'ultimo decennio passando da alcune decine ad alcune centinaia. L’ LNG è una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano (90-99%). Altri componenti secondari sono l'etano, il propano ed il butano.
I produttori lo ottengono sottoponendo il gas naturale, a un processo di liquefazione a una temperatura di circa - 162 °C che consente la riduzione del volume del gas di circa 600 volte in modo che possa essere conservato in contenitori non pressurizzati.
Sono almeno due le motivazioni che renderebbero l’LNG migliore rispetto all'HFO. la prima è che il passaggio da HFO ad LNG potrebbe ridurre le emissioni di sostanze acidificanti quali l’ossido di zolfo (SOx) del 99%, l’ossido di azoto (NOx) dell'80% e le emissioni di CO2 fino al 20%. La seconda è il dato di fatto che l’LNG produce anche relativamente poco particolato. Dall’altro canto uno svantaggio importante dell’LNG è che è costituito principalmente da metano, che ha, secondo alcune stime, un potenziale di riscaldamento globale molto più elevato della CO2, (86 volte >). Per questo motivo, anche piccole perdite di gas durante la produzione, il rifornimento o l’impiego, potrebbero comportare un aumento relativo delle emissioni di gas serra.
A tutto ciò si sommano anche altri svantaggi, quali il grande investimento di capitale richiesto per produrre motori compatibili per il suo utilizzo, nuovi serbatoi di carburante e nuove infrastrutture per far fronte a quello che in gergo viene definito bunkeraggio, ossia il rifornimento a mezzo di motocisterne del combustibile necessario alla propulsione ed ai consumi di bordo delle navi.
Metanolo: in uno studio, Joanne Ellis e Martin Svanberg della SSPA Sweden, un centro che offre un'ampia gamma di servizi marittimi, tra cui la progettazione navale, l'ottimizzazione energetica, la conduzione di studi sulle infrastrutture marittime insieme alle valutazioni del rischio ambientale e dei criteri di sicurezza, insieme ai colleghi della Luleå University of Technology, hanno indicato il metanolo rinnovabile come carburante alternativo (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1364032118304945?via%3Dihub).
Il metanolo si ottiene utilizzando la CO2 catturata da fonti rinnovabili e l’idrogeno verde, cioè l’idrogeno prodotto con elettricità rinnovabile ma può anche essere prodotto a partire dalla biomassa. Le principali potenziali materie prime sostenibili da biomassa includono: rifiuti e sottoprodotti forestali e agricoli, biogas dalle discariche, acque reflue, rifiuti solidi urbani e black liquor dall’industria della pasta di legno e della carta e scarti dell’allevamento e del pollame.
Ellis suggerisce come il passaggio al metanolo potrebbe ridurre le emissioni e ridurre significativamente l’impatto ambientale e questo anche in virtù del fatto che Il metanolo offre alcuni vantaggi rispetto ad altri combustibili alternativi. Per esempio trattandosi di un liquido che viene immagazzinato, trasportato e utilizzato a temperatura ambiente, risulta più facilmente utilizzabile. Anche per il metanolo, comunque, sono da mettere in conto notevoli investimenti finanziari.
Idrogeno: questo è spesso pubblicizzato come un combustibile pulito perché l'acqua è il suo unico prodotto di combustione. Tuttavia, il modo in cui viene prodotto il carburante, influisce notevolmente sulla sua ecocompatibilità. Selma Atilhan e Mahmoud M. El-Halwagi della Texas A&M University hanno studiato l’impiego dell'idrogeno come carburante per le spedizioni, valutando l'impatto ambientale del carburante in funzione di come questo viene prodotto. Il team in questione ha classificato l'idrogeno in tre modi.
L’idrogeno grigio che viene prodotto a partire da fonti energetiche fossili, principalmente attraverso il cosiddetto steam reforming (reazione di reforming con vapore). In questo caso l’idrogeno è ricavato dal gas naturale o dalla gassificazione del carbone e attraverso un processo di conversione termochimica che però produce anche CO2. Qualitativamente è il peggiore ma quantitativamente rappresenta circa il 95% dell’idrogeno prodotto a livello mondiale.
L’idrogeno blu che, almeno nella prima fase, si ottiene con un processo analogo a quello dell’idrogeno grigio, è ricavato da fonti fossili tramite pirolisi; anche qui si produce CO2, che però viene catturata e stoccata nel sottosuolo oppure trasformata come materia prima. La definizione “blu” indica che questo tipo di idrogeno sia più rispettoso del clima, grazie all’assenza di emissioni dannose. Si parla di una de-carbonizzazione al 90%, ma come vedremo subito dopo si può fare di meglio.
L’idrogeno verde che invece è prodotto a partire da un processo chiamato elettrolisi ad alta temperatura in cui le molecole d’acqua ricevono energia (derivante da fonti rinnovabili come fotovoltaico o eolico) che spezza i legami ottenendo idrogeno e ossigeno. Come nello steam reforming, il metano serve come materiale di base ma la sua pirolisi non produce anidride carbonica come sottoprodotto oltre all’idrogeno, bensì carbonio solido. Questo tipo di Idrogeno è classificato come il più pulito che perché completamente de-carbonizzato dal momento che per la sua produzione non viene immessa alcuna quantità CO2 nell’atmosfera.
L'analisi ha portato i ricercatori del Texas A&M a concludere che l'idrogeno liquido è la scelta migliore per ridurre sostanzialmente le emissioni di carbonio, ma il carburante deve essere ecologico.
Celle a Combustibile: a Southampton, Turnock ed i colleghi Charles J. McKinlay e Dominic A. Hudson, ingegneri marittimi, hanno condotto un'analisi dettagliata sull’ idrogeno, l’ammoniaca, il metanolo e altri combustibili. Il team ha scoperto che, sebbene questi composti possano essere bruciati nei comuni motori a combustione interna, il loro impiego nelle celle a combustibile sarebbe in grado di produrre una maggiore quantità di energia e di fornirebbe il potenziale per generare elettricità senza emissioni.
La domanda che sorge dunque spontanea è se le celle a combustibile potrebbero essere impiegate per alimentare, ad esempio, una grande nave porta-container. Thomas T. Petersen, un manager della Ballard Power Systems Europe, un importante produttore di celle a combustibile, risponde in questo modo: “Il problema non è la tecnologia, ma l'infrastruttura di approvvigionamento. Ci vorrà ancora del tempo prima che si sia in grado di produrne una quantità sufficiente per rifornire una grande nave porta-container”. Ricordo inoltre che l'utilizzo delle celle a combustibile richiede navi con sistemi di propulsione elettrica e che queste sono assolutamente meno comuni rispetto alle navi con motore a combustione interna. La maggior parte delle navi a propulsione elettrica, ricavano la propria energia da batterie agli ioni di litio, che, a causa delle loro dimensioni, peso ed esigenze di ricarica parrebbero non essere adatte per spedizioni a lunga distanza. Quanto ai combustibili utilizzabili con le celle a combustibile, l'ammoniaca presenta alcuni vantaggi: è un materiale privo di carbonio, può essere comodamente conservato e utilizzato come liquido in condizioni miti e soprattutto non è infiammabile. Ma come sottolinea McKinlay nella sua analisi, l'ammoniaca non è propriamente innocua. D fatti può dar vita a NOx e particolato che notoriamente è altamente tossico e corrosivo.
Lo studio svolto a Southampton ha anche evidenziato che nonostante si pensi che immagazzinare quantità sufficienti di Idrogeno come carburante a bordo delle navi occuperebbe troppo spazio, a svantaggio del carico, questa invece potrebbe essere una opzione assolutamente praticabile. Con questa osservazione, lo studio conclude che l'idrogeno rappresenti il candidato da preferirsi tra i vari combustibili, per supportare il trasporto marittimo futuro su larga scala ed a emissioni zero (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0360319921022175?via%3Dihub).
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