Premessa: la cristallografia a raggi X rappresenta il gold standard per capire che aspetto abbia una molecola nelle sue tre dimensioni, consentendo in tal modo ai ricercatori di capire esattamente come gli atomi della molecola siano collegati tra loro.
Ciò è reso possibile osservando l’immagine ottenuta dalla diffrazione dei raggi x per cui valutando gli angoli ed altri parametri con cui questi ”escono” dalla molecola, se correttamente decodificati, possono rivelarne le strutture.
Se facciamo un passo indietro sino al 2010, a Tim Gruene, all’epoca ricercatore associato alla Georg-August-Università di Goettingen, giunse all’orecchio che la casa farmaceutica Novartis avesse accumulato qualcosa come 2 milioni di piccole molecole, di cui solo il 10% poteva essere analizzato utilizzando la cristallografia a raggi X, e questo perché, essendo di dimensioni troppo piccole, l’analisi ai raggi X, non era in grado di fornire dati sufficienti per poter essere elaborati.
Credo sia chiaro per tutti che se questi dati risultano ambigui, per i chimici, prendere una “cantonata”, sbagliando ad inquadrarne la struttura, sarebbe un gioco da ragazzi. Soprattutto se il tentativo è volto a comprendere, per la prima volta, il modo in cui la molecola si possa legare al suo sito attivo per migliorare le proprietà biologiche di un composto, esponendosi così al rischio di intraprendere un percorso di sviluppo erroneo che potrebbe costare tempo e denaro.
Anni dopo, quando Gruene si dedicò ad un nuovo progetto per lo studio delle proteine, egli tenne ben in conto di queste difficoltà, per cui nel suo laboratorio impiegò la tecnica della diffrazione elettronica, nota come 3D ED o microED (argomento questo piuttosto controverso) mediante la quale i raggi X furono sostituiti da un fascio di elettroni con cui era possibile ottenere dati da cristalli molto più piccoli (fino a 100 nm), rispetto a quelli ottenibili con i soli raggi X che potevano coinvolgere al massimo cristalli di dimensioni dell’ordine dei micron.
Di lì a pensare di poter usare la diffrazione elettronica per scoprire le caratteristiche di struttura di quei 2 milioni di piccole molecole targate Novartis, per Gruene, fu un attimo. Per questo motivo decise di spostare la propria attenzione dallo studio sulle proteine a quello sulle piccole molecole che avrebbero potuto evolvere in nuovi farmaci innovativi.
Il fatto curioso era che, a quell’epoca, Gruene non era a conoscenza del fatto che già da decenni alcuni gruppi di ricerca avevano sviluppato tecniche basate sulla diffrazione elettronica per analizzare molecole molto piccole, e questo poiché nel campo della chimica organica per lo sviluppo di nuovi medicinali, questa metodica non aveva ancora assolutamente preso piede.
Una svolta la si ebbe nell'ottobre 2018 quando Gruene, diventato nel frattempo Direttore del Centro per l'analisi della struttura ai raggi X presso l’Università di Vienna, guidò un gruppo di ricerca che rese più comprensibile come adattare un microscopio elettronico in modo che il suo diffrattometro potesse essere utilizzato per comprendere la struttura di molecole organiche di piccole dimensioni (cristalli in polvere ad es). Per farla breve, a tal fine e con un occhio al settore farmaceutico, i ricercatori “aprirono” una compressa per il trattamento del comune raffreddore, utilizzando la diffrazione elettronica per descrivere la struttura della polvere di paracetamolo rinvenuta all'interno (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/anie.201811318).
Apriti cielo!!! Il giorno dopo che lo studio di Gruene apparve online, un gruppo di ricercatori, tra i quali Hosea M.Nelson, del Caltech a Pasadena, si affrettò immediatamente a precisare sul server di preprint ChemRxiv (della serie “mamma ci hanno rubato la marmellata”), che la tecnica della diffrazione elettronica per svelare le strutture di piccole molecole organiche, compresi farmaci e prodotti naturali, era da loro ampiamente utilizzata già da parecchi anni.
Sta di fatto che queste esternazioni, contribuirono ad attirare l’attenzione di chi con la chimica organica era da tempo impegnato sul fronte dello sviluppo dei farmaci e che grazie a questa tecnica avrebbero potuto approcciarsi al problema, in modo totalmente alternativo rispetto al passato.